Lavorazioni estere con effetto sull’Iva
Quando i beni venduti all’estero sono sottoposti a lavorazione prima del trasferimento a destinazione, gli operatori devono fare affidamento su orientamenti dell’amministrazione finanziaria non sempre adeguati all’evoluzione normativa e ai contributi della giurisprudenza comunitaria.
Si prenda, per esempio, il caso della cosiddetta esportazione congiunta in cui un soggetto nazionale cede beni a un operatore economico extraUe, il quale li fa sottoporre a lavorazione in Italia presso altro operatore nazionale.
In base alle nuove regole di territorialità dei servizi, la lavorazione eseguita in favore dell’impresa estera (B2B) non beneficia più della non imponibilità ex articolo 9, Dpr 633/72, trattandosi di prestazione fuori campo Iva (articolo 7 ter) a prescindere da chi effettua la successiva esportazione e anche se questa non avviene affatto.
Per il cedente, ai fini della non imponibilità ex articolo 8, comma 1, lettera a), del decreto Iva, occorre invece che l’esportazione sia eseguita dal terzista, con obbligo di esibire in dogana entrambe le fatture: quella del cedente, riportante il prezzo dei beni ceduti, e quella per la lavorazione eseguita dal terzista nazionale per conto del committente estero (circolare 73/1984), osservando le formalità previste (risoluzioni 470074/1990 e 223/E/2007).
Mentre la vendita si qualifica come soggetta a Iva se l’esportazione è eseguita dal committente estero, non essendo in tal caso applicabile la previsione della lettera b) dell’articolo 8 (che esclude la previa lavorazione dei beni da esportare), la cessione dovrebbe invece restare non imponibile se i beni, una volta lavorati per conto del soggetto non residente, rientrano nella disponibilità del cedente nazionale, il quale provvede a esportarli nel rispetto degli adempimenti doganali di legge.
In molti casi ciò risponde a precise esigenze del venditore che - magari in presenza di più terzisti incaricati da vari clienti esteri - preferisce occuparsi delle esportazioni in proprio, razionalizzando le procedure di consegna. Non vedendosi motivi per negare tale possibilità, soprattutto una volta venute meno le cautele a presidio della non imponibilità delle lavorazioni, si tratta qui di confermare quanto già desumibile dalla risoluzione 223/E del 2007.
Una simile impostazione dovrebbe essere legittima anche per l’analoga fattispecie della cessione intracomunitaria di beni sottoposti a lavorazione presso un secondo operatore nazionale per conto del cessionario/committente Ue. In tal caso, sarebbe opportuno completare le indicazioni fornite con la circolare 145/E/1998, già parzialmente riviste dalla circolare 43/E/2010. Anche in questa ipotesi, infatti, se da un lato non vi sono (più) ragioni di particolare attenzione con riguardo al regime delle prestazioni (anch’esse fuori campo Iva ex articolo 7-ter), dall’altro lato, stante l’esigenza del cedente di fornire adeguato riscontro del trasferimento dei beni nello Stato membro del cliente ai fini della non imponibilità della vendita, ammettere espressamente che tale soggetto possa “governare” la consegna/spedizione renderebbe più semplice l’acquisizione della prova che i beni sono giunti a destinazione.
Con più attenzione, invece, vanno prese le indicazioni della (citata) risoluzione 470074/1990 (diramata prima dell’introduzione dell’Iva intracomunitaria), secondo cui la non imponibilità spetterebbe anche alla vendita nei confronti di un soggetto non residente, il quale rivende i beni ad altro operatore economico estero che, prima di riceverli, ne chiede la lavorazione a un secondo soggetto nazionale, il quale curerà l’esportazione dei beni finiti. In effetti, indipendentemente dal regime della lavorazione (che è sempre fuori campo Iva), se la vendita fra i due soggetti non residenti interviene quando i beni (non ancora lavorati) sono in territorio nazionale, v’è da chiedersi se, in base alle norme comunitarie e nazionali sulla territorialità delle cessioni di beni (articoli 31 e 32, direttiva 2006/112 e articolo 7-bis, Dpr 633/72), combinate con le conclusioni della Corte di giustizia Ue (sentenze C-245/04, C-430/09, C-386/16), la vendita dal soggetto residente al primo operatore estero non configuri una cessione interna soggetta a Iva.