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Lavori nel mini-condominio, stop alle fatture separate

Per le Entrate è necessario che un condomino faccia da referente per fatturazione, pagamenti e altri adempimenti

di Cristiano Dell'Oste

Gestione semplificata sì, ma senza esagerare. Quando c’è un condominio minimo e sulle parti comuni vengono eseguiti lavori agevolati dal fisco, non è obbligatorio chiedere il codice fiscale dell’edificio; le fatture, però, vanno intestate a un solo condomino che fa da referente per tutti gli adempimenti. Si possono riassumere così le ultime indicazioni delle Entrate (dalla circolare 3/E/2016 all’interpello 196/2021) su una questione che spesso genera dubbi tra gli operatori.

Pensiamo alla situazione più semplice possibile (comunissima nella prassi): un’abitazione bifamiliare in cui ognuna delle due unità residenziali è posseduta da un soggetto diverso. Se i due condòmini decidono di coibentare il tetto e sostituire la caldaia comune, dividendo a metà la spesa, potrebbero avere la tentazione di farsi fare fatture separate dalle imprese fornitrici, così da pagare ognuno la propria parte. Anzi, si tratta di una posizione talora sostenuta anche ambito professionale e in dottrina. In assenza di una conferma esplicita, però, è una prassi che ci sentiamo di non consigliare. A ben vedere, la semplificazione concessa dalle Entrate riguarda la possibilità di non chiedere il codice fiscale condominiale, ma ci vuole pur sempre un soggetto che faccia le veci della collettività condominiale. Tra l’altro, sarà proprio il codice fiscale individuale di questo condomino che l’altro comproprietario dovrà indicare nella propria dichiarazione dei redditi al posto di quello condominiale.

Tutto ciò vale sia per i bonus casa ordinari, sia per il superbonus del 110 per cento. Fanno eccezione le spese pagate dai singoli condòmini per lavori eseguiti all’interno delle proprie unità immobiliari: in quest’ultima ipotesi, la fattura va sempre intestata al singolo proprietario. Se poi si trattasse di quel condomino che sta facendo da referente per i lavori sulle parti comuni, sarebbe bene tenere divise le due categorie di costi: da una parte le spese che gli vengono fatturate per le opere condominiali; dall’altra quelle che vengono - sempre a lui - per gli interventi nella sua unità.

Un altro aspetto su cui spesso ci sono equivoci è la nozione di condominio minimo. Le Entrate, ancora nella circolare 7/E/2021, fanno riferimento alle situazioni in cui i condòmini, non avendone l’obbligo, non hanno nominato un amministratore. Obbligo che secondo il Codice civile (articolo 1129) scatta quando i condòmini - e non necessariamente le unità immobiliari - sono più di 0tto.

Quanto al criterio di riparto delle spese, può benissimo capitare che il condominio minimo sia privo delle tabelle millesimali. La regola richiamata dalle Entrate è che ogni condòmino può calcolare la detrazione in funzione della spesa a lui imputata in base ai millesimi di proprietà, oppure ai diversi criteri applicabili, ed effettivamente rimborsata al condominio. Criteri che possono essere concordati in occasione dei lavori stessi, conservando documentazione sottoscritta dai partecipanti al condominio.