Le definizioni Iso mandano in crisi l’equivalenza tra wallet per criptovalute e depositi
Nel wallet manca la presenza di una controparte, inoltre per la Ue le valute virtuali non hanno lo status di moneta
Da vari documenti emerge come l’agenzia delle Entrate ritenga che il wallet con cui vengono gestite le criptovalute sia assimilabile al concetto di deposito o conto corrente (interpelli n. 954-14/2018 e n. 956-39/2018). Si tratta, però, di una posizione sempre meno sostenibile, anche alla luce delle ultime norme emanate dall’Iso.
Il precedente del Tar Lazio
Già nella sentenza del Tar Lazio 1077 del 28 gennaio 2020 relativa al monitoraggio tributario emerge come l’Avvocatura di Stato abbia indicato come nel «caso di cessioni a pronti - transazione in cui si ha lo scambio immediato di una valuta contro una valuta differente - di valuta virtuale esse non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa, salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta».
Tale posizione dell’Avvocatura (sul punto il Tar non si è espresso) per conto delle Entrate dimostra come, per quest’ultima, sia scontata l’assimilazione delle criptovalute alle valute estere e del wallet al concetto di conto corrente o deposito.
La nozione comunitaria
L’assimilazione del concetto di wallet a deposito o conto corrente si espone ad ulteriori perplessità giuridiche e semantiche. E questo indipendentemente dal contrasto di tale assimilazione con le nozioni base del diritto dell’Unione europea, secondo cui le valute virtuali (che includono i bitcoin e le criptovalute) non posseggono lo status giuridico di moneta o valuta (indicazione presente nella direttiva 849/2015 ed inspiegabilmente assente nel Dlgs 231/2007).
I concetti di deposito o conti corrente sono contratti tipici in cui una parte consegna ad un’altra un bene ovvero denaro: la presenza di controparte è quindi necessaria, come il trasferimento della disponibilità. Il wallet non ha alcuna controparte.
Le definizioni dell’Iso
L’Iso (Organizzazione internazionale per la standardizzazione) ha pubblicato le Iso 22739:2020 relative alle definizioni relative alle tecnologie Blockchain e Dlt in cui viene definito il wallet come applicazione utilizzata per generare, gestire, archiviare o utilizzare chiavi private e pubbliche, intendendo queste ultime come parte segreta e pubblica delle chiavi asimmetriche (ISO/IEC 9798-1:2010). Tale definizione tecnica è in linea, peraltro, con la definizione che si ricava dalla V direttiva antiriciclaggio ove indica il «prestatore di servizi di portafoglio digitale» quale un soggetto che fornisce servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali».
Sarebbe dunque opportuno che qualunque interpretazione tenesse in debita considerazione la forma e sostanza, superando l’insostenibile assimilazione di un software di gestione di chiavi private al concetto di deposito o conto corrente.
L’eccezione dei «custodial wallet»
L’unico caso in cui astrattamente potrebbe configurarsi l’assimilazione a conto corrente è quello di custodial wallet, vale a dire quando è presente una terza parte che ha il controllo delle chiavi private e quindi può configurare una sorta di deposito (regolare ovvero irregolare secondo le modalità di svolgimento).