Imposte

Le Entrate: Stp con reddito d’impresa, spazio a bonus Sud e Industria 4.0

La risposta a interpello 600 conferma la linea dell’Agenzia sulle società tra professionisti

di Giorgio Gavelli

Una società tra professionisti – non costituita nella forma di società semplice – realizza un reddito qualificabile come reddito d’impresa, per cui gli investimenti in beni strumentali posti in essere fruiscono dei crediti d’imposta riservati alle imprese, come ad esempio il credito «Industria 4.0» (articolo 1, commi 189 e 190, della legge di Bilancio 2020 e articolo 1, commi 1057 e 1058 della legge di Bilancio 2021) e il credito d’imposta per gli investimenti effettuati nel Mezzogiorno (articolo 1, commi 98 seguenti della legge di Stabilità 2016).

La conferma arriva dalla risposta a interpello 600/2021 diffusa il 16 settembre dall’agenzia delle Entrate, con riferimento ad una serie di quesiti esplicitamente sorti a seguito della sentenza 7407/2021 della Corte di cassazione (si veda «Il Sole-24 Ore» del 18 e 19 marzo scorso). In tale pronuncia, i giudici di legittimità avevano ritenuto applicabile la ritenuta d’acconto (dovuta in caso di reddito di lavoro autonomo) sull’onorario pagato ad uno studio legale costituito in forma di una società tra professionisti a responsabilità limitata, privilegiando la natura dell’attività svolta rispetto alla forma giuridica prescelta.

Come era da attendersi, l’Agenzia, nella risposta ad interpello, mantiene fede alla propria posizione più volte espressa in passato (risoluzione 35/E/2018, risposte a interpello n. 954-93/2014, 107/2018 e 128/2018 e nota n. 43619/2017): alle Stp si applicano – a prescindere dall’attività esercitata - le previsioni di cui agli articoli 6, ultimo comma, e 81 del Tuir, per effetto delle quali il reddito complessivo delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito di impresa. È quindi la forma giuridica a prevalere nell’attuale configurazione del sistema fiscale, con tutte le conseguenze positive e negative che da tale qualificazione possono derivare.

In senso favorevole si può, appunto, citare la spettanza dei crediti d’imposta per investimenti che il legislatore riserva alle sole imprese, negandole al mondo professionale. Nessuno stravolgimento delle tesi già consolidate, quindi, anche se, di sicuro, la questione è destinata a riemergere con l’approssimarsi della riforma fiscale.

Rispondendo ad un altro quesito posto dalla società istante, l’Agenzia conferma la cumulabilità tra i citati crediti d’imposta (risposta 360/2020), a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile Irap, non porti al superamento del costo sostenuto.

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