Adempimenti

Le Entrate a Telefisco: la cessione intra Ue va provata con Cmr o documenti diversi

Dimostrazione alternativa ancora in salita: il Fisco può sempre contestarla. La gestione elettronica può semplificare l’adempimento

di Benedetto Santacroce

In caso di cessione Intra-Ue, il cedente per provare il trasferimento dei beni in altro Stato membro, anche in mancanza della Cmr firmata, potrà fornire altra documentazione che, però, sarà soggetta alla valutazione discrezionale degli uffici.

Con questa risposta fornita in occasione di Telefisco, l’agenzia delle Entrate ribadendo con puntualità i requisiti minimi di prova che il contribuente nazionale deve fornire per ottenere la non imponibilità della cessione intracomunitaria, riporta in auge l’opportunità che gli operatori hanno di adeguarsi al regolamento 1912/2018/Ue con cui l’Ue ha previsto una presunzione legale a favore del cedente.

La domanda che era stata posta partiva da una considerazione di fatto che nell’anno di vigenza della nuova normativa unionale gli operatori che effettuano cessioni intracomunitarie con trasporto a cura del cessionario si trovano ancora molto spesso nella difficoltà di acquisire il documento di trasporto internazionale (Cmr) firmato dal destinatario dei beni. In effetti, l’Agenzia, anche riprendendo quanto affermato nella circolare 12/E/2020, sottolinea che la Cmr in quanto tale non è l’unico documento che possa provare l’uscita delle merci dal territorio nazionale, ma la necessità di avere un documento che attesti in modo coerente il trasporto all’estero è, comunque necessario per ottenere la non imponibilità della cessione.

La conclusione che potrebbe essere scontata diventa ancora più stringente se analizziamo con puntualità il chiarimento fornito dall’Agenzia.

La normativa unionale prevede, quale requisito necessario per la realizzazione di una cessione Ue, che la merce si trasferisca fisicamente da uno Stato membro (solitamente quello del cedente – ad esempio l’Italia) in un altro Stato membro. Per provare questo trasferimento il documento di trasporto rimane comunque il documento principalmente riconosciuto.

Il regolamento Ue 1912/2018, affrontando il tema e prevedendo a favore del cedente una presunzione legale (di fatto una inversione dell’onere della prova dal contribuente all’amministrazione finanziaria), elenca in modo esplicito quali sono i documenti sufficienti affinchè possa scattare la predetta presunzione tra cui figura una dichiarazione del cessionario e un documento di trasporto.

L’agenzia delle Entrate, da parte sua, chiarisce che nel caso in cui non si disponga del documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi prova idonei a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato Ue, quale ad esempio: il Cmr elettronico, avente il medesimo contenuto del Cmr cartaceo, oppure un insieme di documenti dal quale si possono ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario). Questi documenti alternativi alla Cmr vanno conservati con le fatture di vendita, con gli attestati di pagamento e con la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e agli elenchi Intrastat. Ovviamente se l’operatore segue questa strada (diversa da quella prevista dal regolamento) l’amministrazione potrà valutare caso per caso l’idoneità dei documenti prodotti.

La risposta se, da una parte, rende possibile una via alternativa alla regolamentazione Ue, dall’altra, pone a carico dell’operatore un impegno improbo che deve essere affrontato con delle scelte di sistema che rendano tracciabile il trasferimento, anche adottando procedure informatiche con l’aiuto delle nuove tecnologie (quali il tracciamento elettronico e la geolocalizzazione) e creando una conservazione indicizzata ad hoc.

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