LE PAROLE DEL NON PROFIT/Per le imprese sociali il 70% dei ricavi da attività di interesse generale
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Dlgs 112/2017 viene revisionata la disciplina dell'impresa sociale ed abrogato il Dlgs 155/2006 che, finora, non ha consentito di valorizzare adeguatamente questa figura, a causa di alcune carenze legate in primo luogo alla mancanza di un regime fiscale specifico che tenga conto delle finalità perseguite e dei vincoli alla distribuzione degli utili.
Va rilevato che, in assenza di una disciplina fiscale apposita, molti enti hanno fatto ricorso al regime Onlus, il quale permette di decommercializzare le attività d’impresa, comprese quelle cosiddette “connesse” rispetto alle attività principali. L’effetto, tuttavia, è stato quello di attrarre soggetti con rilevanti volumi d’affari ed organizzazione d'impresa in un regime, come quello delle Onlus, pensato ab origine per soggetti non commerciali.
Con la riforma del terzo settore si assegna autonoma dignità all'impresa sociale come veicolo per lo svolgimento di attività imprenditoriali volte al perseguimento di obiettivi di utilità sociale. L'impresa, una volta iscritta nella apposita sezione del Registro unico nazionale, entrerà dunque a far parte della famiglia degli enti del Terzo settore (Ets). Potranno acquisire la veste di impresa sociale tutti gli enti privati del nostro ordinamento, comprese associazioni, fondazioni, società di cui al Libro V del Codice civile nonché le cooperative sociali e i loro consorzi (considerati imprese sociali di diritto).
Le imprese sociali dovranno trarre almeno il 70% dei ricavi complessivi dalle attività d'impresa di interesse generale nei settori indicati dal decreto (ad esempio i servizi sociali, la sanità e l'educazione, nonché il reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati). È quindi ammesso per il residuo 30% il contestuale svolgimento di attività diverse.
Da un punto di vista tributario, si prevede l’esenzione dalle imposte dirette per gli utili o avanzi di gestione, derivanti dalle suddette attività principali o da quelle diverse, a condizione che gli stessi vengano imputati ad apposita riserva indivisibile nel bilancio d’esercizio ed effettivamente destinati, entro due anni, alle finalità di interesse generale dell’ente (compreso il suo incremento patrimoniale).
Grazie a questa previsione, si supera finalmente l’equivoco tributario che ha ostacolato l’affermazione dell’imprese sociali, le quali in sostanza venivano tassate alla stregua di una qualsiasi società commerciale, senza tenere conto dei vincoli alla distribuzione degli utili ed alla loro reinvestimento nelle finalità di interesse generale. La nuova disposizione rimedia a questo inconveniente e, allo stesso tempo, consente di salvaguardare la tenuta del sistema poiché gli utili o avanzi destinati ad altre finalità (es. distribuzione utili) potranno essere facilmente individuati in contabilità e tassati con le modalità ordinarie.