Le sanzioni per l’omesso pagamento dei contributi hanno valenza ed efficacia civile
Le somme aggiuntive irrogate al contribuente per l'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali sono sanzioni civili. Gli effetti degli atti interruttivi posti in essere per il recupero del credito derivante dall'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi si estendono al credito relativo alle sanzioni civili. A chiarirlo sono le sezioni unite civili della Cassazione con la sentenza 5076/2015 .
Il contenzioso
La vicenda giudiziaria riguarda l'impugnazione da parte di un contribuente di una cartella di pagamento emessa per il recupero di somme aggiuntive conseguenti all'omesso pagamento di contributi previdenziali, nella misura accertata con verbale ispettivo.
Il Tribunale dichiarava prescritto il credito relativo alle sanzioni civili con sentenza che veniva confermata in sede di appello. In particolare, i giudici di secondo grado rilevavano l'autonomia dell'obbligazione relativa al pagamento dei contributi rispetto all'obbligazione relativa al pagamento delle sanzioni civili.
Contro la sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione l'Istituto nazionale della previdenza sociale, al fine di far valere la violazione dell'articolo 3, commi 9 e 10, della legge 335/1995. Non svolgeva alcuna difesa il contribuente.
Con l'ordinanza interlocutoria 7569/2014, la sezione lavoro della Cassazione, assegnataria del ricorso, in considerazione della particolare rilevanza della questione in discussione, ha rimesso la decisione alle sezioni unite.
La normativa di riferimento
In base all'articolo 116, comma 8, della legge 388/2000 (Finanziaria 2001), il mancato versamento dei contributi dovuti, entro i termini stabiliti per legge, comporta per il datore di lavoro/committente l'addebito di somme aggiuntive – che maturano in relazione al ritardo nel versamento – la cui misura percentuale, in rapporto al capitale non versato, cambia in relazione alla tipologia di omissione.
Per quanto riguarda il regime prescrizionale, l'articolo 3 della legge 335 del 1995 prevede, al comma 9, che «le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:
a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie… A decorrere dal 1 gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria»; inoltre, al successivo comma 10, stabilisce che «i termini di prescrizione… si applicano anche alle contribuzioni relative a periodo precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente».
La sentenza delle sezioni unite della Cassazione
La sentenza 5076/2015 delle Sezioni unite della Cassazione, nell'accogliere il ricorso dell'Inps, hanno definitivamente risolto la questione se gli effetti interruttivi della prescrizione, prodotti da un verbale di accertamento, riguardano l'intera obbligazione previdenziale e, quini, non solo il credito per i contributi, ma anche il credito per le sanzioni civili.
A tal fine la Cassazione ha innanzitutto richiamato i due orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia, riconducibili «alla contrapposta configurazione della natura giuridica – autonoma o meno – dell'obbligazione per somme aggiuntive rispetto a quella contributiva».
Secondo un primo orientamento, l'obbligazione concernente le sanzioni civili, in quanto accessoria, ha la stessa natura dell'obbligazione principale relativa all'omissione contributiva, con la conseguenza che l'atto interruttivo della prescrizione relativo al credito contributivo si estende al credito per le sanzioni civili (si vedano, in tal senso, Cassazione 2620/2012 e 25906/2010).
Per contro, secondo un altro orientamento, le due obbligazioni hanno natura diversa. Infatti, mentre l'obbligazione contributiva ha lo scopo di costituire presso l'Inps la provvista necessaria per l'erogazione delle prestazioni previdenziali, l'obbligazione concernente le sanzioni civili ha lo scopo di rafforzare l'obbligazione contributiva mediante l'irrogazione di una pena pecuniaria. Ne deriva che il regime prescrizionale previsto per le obbligazioni contributive non può essere esteso alle sanzioni civili (Cassazione, 14864/2011).
Con la sentenza in commento, la Cassazione ha aderito al primo dei due orientamenti. E ciò in considerazione del fatto che le somme aggiuntive irrogate dall'Inps non hanno carattere afflittivo o sanzionatorio (a differenza delle sanzioni amministrate e tributarie), ma hanno la funzione di rafforzare l'obbligo contributivo e di predeterminare legalmente il danno cagionato all'Ente previdenziale. Si tratta, infatti, di somme di denaro che, sulla base di un vincolo di dipendenza non solo genetico ma anche funzionale rispetto all'obbligazione principale, vengono applicate automaticamente in caso di ritardato o mancato pagamento di contributi e premi assicurativi. Ne deriva che «le vicende che attengono all'omesso o ritardato pagamento dei contributi non possono non riguardare… anche le somme aggiuntive».
Alla luce delle considerazioni che precedono la Cassazione ha elaborato il seguente principio di diritto: «In materia previdenziale le somme aggiuntive irrogate al contribuente per l'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali sono sanzioni civili che, in ragione della loro legislativamente prevista automaticità, rimangono funzionalmente connesse al detto omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali sì che gli effetti degli atti interruttivi, posti in essere con riferimento a tale ultimo credito, si estendono, automaticamente, anche al credito per sanzioni civili».
Pertanto, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata rinviando la decisione, anche per quel che riguarda il pagamento delle spese del giudizio di legittimità, al giudice di secondo grado.
La sentenza 5076/2015 delle Sezioni unite della Cassazione