Le società tra avvocati producono reddito d’impresa
Le società tra avvocati, di cui al Dlgs 247/2012, producono reddito d’impresa.
Questo il «perentorio» chiarimento fornito dall’agenzia delle Entrate tramite la recente risoluzione n. 35/E dello scorso 7 maggio, che ha analizzato il trattamento fiscale del reddito prodotto dalle società costituite tra professionisti che esercitano attività forense, in base a quanto stabilito dall’articolo 4-bis della legge 247/2012, il cosiddetto Nuovo ordinamento forense.
Il lecito dubbio, a cui è stata data soluzione, era sorto tenuto conto di quanto chiarito dalla stessa agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 118/E/2003, con riferimento alle società, sempre tra avvocati, disciplinate dal Dlgs 96/2001.
Il primo periodo del secondo comma, dell’articolo 16 dell’appena citato Dlgs 96/2001, stabilisce, infatti, che «La società tra avvocati è regolata dalle norme del presente titolo e, ove non diversamente disposto, dalle norme che regolano la società in nome collettivo di cui al capo III del titolo V del libro V del codice civile». In merito a tali società, proprio con la risoluzione 118/E, l’agenzia delle Entrate, aveva chiarito che esse producono reddito da lavoro autonomo, tanto quanto il singolo professionista.
Tornando alla risoluzione n. 35/E/2018, attraverso apposito interpello è stato chiesto, all’agenzia delle Entrate, in presenza soprattutto di questa presa di posizione del 2003, se il reddito delle società tra professionisti, di cui alla legge 247/2012, deve essere considerato ancora una volta reddito da lavoro autonomo, ovvero reddito d’impresa, ritenendo, il contribuente istante, che si debba trattare di reddito d’impresa, da assoggettare, quindi, nel caso di società da capitali, a Ires oltre che a Irap.
L’agenzia delle Entrate, riepilogando i punti salienti della normativa ed evidenziando altresì che la società tra avvocati, qualsiasi sia la forma scelta, ossia società di persone, di capitali o cooperative, deve essere iscritta «in apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società», evidenzia che «in assenza di una esplicita norma», qualora la professione forense venga svolta in forma societaria si è in presenza di un’attività d’impresa, in quanto «risulta determinante il fatto di operare in una veste giuridica societaria piuttosto che lo svolgimento di un’attività professionale».
Tale interpretazione, evidenzia ancora l’agenzia delle Entrate, oltre a essere stata confermata anche dalla «Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle Finanze» che, con nota n. 43619 del 19 dicembre 2017, sottolineava che per le società tra avvocati «sembra difficile valorizzare l’elemento oggettivo della professione forense esercitata a discapito dell’elemento soggettivo dello schermo societario», si discosta dalla interpretazione e dalla presa di posizione espressa con la citata risoluzione n. 118/E/2003 sulle società tra avvocati di cui al Dlgs 96/2001, in quanto la disciplina contenuta in quest’ultima norma «operava ai soli fini civilistici».
In buona sostanza, le norme di cui al Dlgs 96/2001 consentivano di determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo «mentre ai fini fiscali, per ragioni di coerenza del sistema impositivo, occorreva dare risalto al reale contenuto professionale dell’attività svolta».
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