Imposte

Le spese Ctu intestate al Tribunale, la deduzione spetta a chi paga

La risposta a interpello 625 sembra far venir meno il principio dell’inerenza

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di Marcello Tarabusi

L’interpretazione Entrate che esclude la detrazione Irpef sulle spese di Ctu medico-legale perché la fattura è intestata al tribunale rischia di mettere in dubbio principi consolidati in materia di deducibilità delle spese processuali dal reddito d’impresa e professionale.

L’interpretazione espressa nella risposta a interpello 625/2021 (si veda l’articolo) ha escluso la detrazione Irpef in capo alla persona fisica, anche se il pagamento viene fatto dal contribuente e questo risulta espressamente dalla fattura emessa dal Ctu. Ma seguendo il principio formale dell’intestazione della fattura si metterebbero in discussione regole generali, ormai consolidate, che disciplinano la deducibilità delle spese processuali dal reddito di impresa e professionale.

Se in una controversia per danni da colpa medica, in cui è disposta Ctu medico-legale, vengono condannati alle spese di lite il sanitario convenuto, la struttura sanitaria o l’assicurazione, si porrà infatti lo speculare problema della deducibilità del costo dal reddito professionale (per il medico) o d’impresa (per l’assicurazione o la clinica, se privata). Ma è pacifico che quando un soggetto che svolge attività di impresa o professionale viene condannato alle spese di lite in un contenzioso civile inerente all’attività, questo onere è deducibile dal reddito di impresa.

È un principio che non è mai stato messo in discussione; esiste anzi una ampia casistica di risposte dell’amministrazione che tratta il caso specifico della condanna al rimborso delle spese legali. Da ultimo la risposta a interpello 387/2020 ha ricapitolato i principi in materia di trattamento fiscale, anche ai fini Iva, degli onorari e delle spese corrisposti da parte dei soccombenti nel giudizio agli avvocati nominati distrattari della controparte vittoriosa. In tal caso l’avvocato distrattario è tenuto a emettere il documento fiscale con addebito dell’Iva in rivalsa verso il proprio cliente, anche se materialmente il pagamento è ricevuto dalla controparte soccombente. Se il cliente non può detrarre l’Iva (perché privato, ma anche perché ad esempio sanitario esente con pro-rata 100%), la controparte soccombente salderà per intero la fattura, indicando nella quietanza a saldo che l’intero pagamento, non soltanto dell’onorario e accessori, ma anche dell’Iva, «avviene con denaro fornito dal soccombente, vincolato alla prestazione della condanna». Se invece il cliente vittorioso, titolare di partita Iva, ha titolo per detrarre l’Iva addebitata in fattura, la controparte soccombente pagherà all’avvocato solamente l’onorario ed accessori, ma non l’Iva che sarà versata dal cliente che la detrae.

Fin dalla circolare 1/1973 era poi stato affermato che «l’obbligo di effettuare la ritenuta sussiste, in relazione ai procedimenti giudiziari, per i compensi pagati dalla parte soccombente (se sostituto di imposta) al legale della controparte vincitrice».

Interpretazione ufficiale (e condivisibile) confermata ripetutamente da altre numerose pronunce di prassi: il soggetto soccombente in un giudizio, condannato al pagamento degli oneri e delle spese a favore del difensore della controparte vittoriosa, deve assumere - nell’assolvimento di tale obbligazione - le funzioni ed i correlati obblighi del sostituto di imposta. Con il che vedrà altresì quella spesa contabilizzato tra i costi, fiscalmente deducibili, del proprio reddito (d’impresa o professionale).

Pacifico, quindi, il doppio binario Iva-redditi: per l’Iva, il diritto alla detrazione dipende da un requisito sostanziale (rapporto di committenza) e uno formale (rivalsa in fattura); ai fini Irpef e Ires, invece, la deduzione spetta sulla base del solo requisito della inerenza alla attività e dell’effettivo sostenimento della spesa.

Che il documento fiscale sia intestato ad altri è irrilevante, perché ciò che rileva, tanto ai fini del reddito di impresa, quanto ai fini di quello di lavoro autonomo, è che la spesa sia effettivamente sostenuta: la prova di tale sostenimento ben può essere documentata dimostrando di aver pagato una fattura intestata ad altri, sulla base di un provvedimento giudiziale.


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