Imposte

Legittima la rilevanza fiscale del disavanzo nelle fusioni Ue

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di Paolo Arginelli e Riccardo Michelutti

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue) suscita particolare interesse, in materia di fiscalità diretta, anche in relazione alle decisioni rese nell’ambito dei procedimenti di infrazione mossi dalla Commissione europea agli Stati membri per violazione della disciplina sugli aiuti di Stato (articoli 107 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).

L’ultima, in ordine di tempo, di tali sentenze è stata quella pronunciata nella causa Autogrill il 21 dicembre 2016 (cause riunite C-20/15 e C-21/15), nella quale la Corte ha ammesso il sindacato della Commissione sulle scelte normative operate dagli Stati membri, in materia di imposte sul reddito, volto a stabilire la loro compatibilità con la predetta disciplina europea. La Corte ha ivi censurato la normativa spagnola che, da un lato, consente alle società residenti di dedurre l’ammortamento dell’avviamento finanziario derivante dall’acquisto di partecipazioni in società estere e, dall’altro, nega una corrispondente deduzione nel caso di acquisizioni di partecipazioni in altre società residenti. Per quanto qui di interesse, la Corte Ue ha reputato corretta l’analisi di selettività svolta dalla Commissione, secondo cui la norma spagnola, in deroga al regime generale di tassazione, opera una discriminazione fra imprese che si trovano in una situazione analoga sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da tale regime, in ragione del fatto che le acquisizioni domestiche non beneficiano del vantaggio fiscale riservato alle acquisizioni estere.

La critica che più frequentemente viene mossa a tale sentenza è che l’accoglimento della nozione di selettività propugnato dalla Commissione determina uno stravolgimento dell’equilibrio istituzionale dell’Unione, attribuendo alla Commissione la possibilità di controllare, in virtù delle sue competenze in materia di aiuti di Stato, quasi tutte le misure nazionali di fiscalità diretta, sebbene le stesse rimangano in linea di principio nella competenza legislativa degli Stati membri. Tale critica appare eccessiva, non valorizzando sufficientemente il fatto che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ammette, in ogni caso, che le misure tributarie nazionali possano essere giustificate dagli Stati membri in ragione della natura o della struttura del sistema fiscale in cui le rilevanti disposizioni si inseriscono (si vedano, a titolo esemplificativo, le cause C-20/15 P e C-21/15 P, pagina 58; cause C-78/08, C-79/08 e C-80/08, pagine 64 e 65; causa C-417/10, pagina 40).

Il legislatore nazionale resta dunque titolare di un certo grado di discrezionalità, come esemplificato dal seguente caso trattato dalla normativa italiana. La fusione per incorporazione tra società di capitali residenti, ai sensi dell’articolo 172 del Tuir, non costituisce realizzo delle plusvalenze latenti della società incorporata, i cui beni sono valutati fiscalmente in capo all’incorporante in base all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto prima della fusione. Non è dunque possibile affrancare fiscalmente l’eventuale disavanzo emergente dalla fusione, se non mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva (articolo 172, comma 10-bis). Di converso, nel caso di fusione per incorporazione di una società Ue in una società residente, regolata dagli articoli 178 e seguenti del Tuir, l’applicazione analogica dell’articolo 166-bis (si veda la risoluzione 69/E/2016) comporta la valorizzazione fiscale dei beni dell’incorporata estera, in capo all’incorporante residente, al valore normale, senza la necessità di alcun affrancamento a titolo oneroso. Tale disparità di trattamento, riservata a fattispecie sostanzialmente analoghe sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema fiscale di riferimento, non costituisce tuttavia una misura selettiva (e dunque un aiuto di Stato) in ragione del fatto che l’attribuzione del valore normale ai beni della incorporata estera si rende necessaria al fine di garantire la coerenza sistematica del sistema delle imposte sul reddito, trattandosi di beni che per la prima volta entrano nel regime dei beni di impresa. La rilevanza del valore normale ai fini dell’ingresso e dell’uscita di beni dal regime dei beni di impresa costituisce, infatti, un elemento caratterizzante di detto regime, come evidenziato, ad esempio, dalla disciplina dell’exit tax (articolo 166 del Tuir) e dalla disciplina della trasformazione eterogenea (articolo 171 del Tuir).

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