Liquidazione dell’attività ancora con regole ordinarie (e penalizzanti)
L’eventuale chiusura della società o dello studio non hanno norme ad hoc, neppure in caso di quote già rivalutate
Chiudere l’attività al tempo dell’emergenza mondiale da Covid-19. I vari provvedimenti emanati dal Governo a sostegno delle imprese e dei professionisti alle prese con l’emergenza epidemiologica non si sono finora occupati di introdurre canali preferenziali per chi si vede costretto a cessare l’attività e a smobilizzare l’azienda o lo studio professionale. È evidente che occorre incentivare le imprese che, nonostante tutto, proseguono ad operare, ma occorrerebbe forse semplificare le procedure anche per chi non riesce a farlo. Soprattutto nell’ottica di pensare che chi dovesse trovarsi costretto a cessare un’attività - escludendo l’ipotesi rara del rentier - dovrebbe poi tentare di ripartire con un’altra in tempi brevi.
Riassumiamo comunque le principali disposizioni fiscali attualmente vigenti da considerare all’atto della interruzione dell’attività.
La fuoriuscita dei beni
Nell’ambito del reddito di impresa (imprese individuali, società di persone e di capitali), la cessazione della attività comporta innanzitutto la fuoriuscita dal regime dei beni aziendali.
L’articolo 86, comma 1, lettera c), del Tuir (affiancato dall’articolo 85, comma 2, per quanto attiene ai beni merce) stabilisce che generano plusvalenze imponibili (ricavi per i beni merce), tra l’altro, l’assegnazione ai soci e la destinazione dei beni aziendali a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
In assenza di un corrispettivo, il trasferimento extraimprenditoriale va quantificato sulla base del valore normale (determinato in base all’articolo 9 del Tuir) dei beni. Dal confronto tra il valore normale del singolo bene assegnato e il relativo costo fiscale (residuo da ammortizzare) si determina la plusvalenza tassabile per l’articolo 86. Plusvalenza che concorrerà alla formazione del reddito del periodo in cui il trasferimento ha luogo.
Qualora invece il valore normale sia inferiore al costo fiscale, non si determinerà alcuna minusvalenza deducibile dato che l’articolo 101 del Tuir esclude la rilevanza di tali componenti negativi.
Se però il cespite “minusvalente” dell’impresa in fase di chiusura, anziché essere trasferito ai soci o all’imprenditore (o a terzi senza alcuna motivazione aziendale), viene distrutto (osservando le regole procedurali per dimostrare l’eliminazione, compreso l’affidamento ad un’impresa autorizzata allo smaltimento dei rifiuti con compilazione degli appositi formulari), la perdita del bene risulterà interamente deducibile (articolo 101, comma 1, Tuir).
La posizione dei soci
Un ulteriore aspetto da considerare riguarda la posizione dei soci di società di capitali e dunque la tassazione delle somme (o del valore dei beni in natura) attribuite a seguito della chiusura della società.
La norma applicabile è l’articolo 47, comma 7, del Tuir che considera redditi di capitale (per i soci persone fisiche), assimilati ai dividendi ed assoggettati ad imposta con le stesse modalità, le somme attribuite ai soci (e/o o il valore normale dei beni ricevuti dai soci) nel caso, tra l’altro, di liquidazione della società, per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto della partecipazione.
Nel calcolo di quest’ultimo elemento, non rileva, secondo un consolidato orientamento ministeriale, l’eventuale rivalutazione delle quote con pagamento dell’imposta sostitutiva.
Sarebbe però auspicabile che un provvedimento volto a semplificare queste operazioni consentisse di attribuire rilevanza alla rivalutazione delle partecipazioni anche a questi fini eventualmente corrispondendo una maggiorazione dell’imposta sostitutiva ordinariamente prevista.
Gli studi professionali
Venendo alla cessazione degli studi professionali, va considerata la disposizione contenuta nel comma 1-bis dell’articolo 54 del Tuir che prevede che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo le plusvalenze dei beni strumentali realizzate, tra l’altro, se i beni sono destinati al consumo personale o famigliare del professionista o comunque se i beni sono destinati a finalità extraprofessionali. Il successivo comma 1bis1. esclude la rilevanza, come già per l’autoconsumo dell’impresa, delle minusvalenze realizzate in queste situazioni.
Anche per il lavoratore autonomo che chiude lo studio, il calcolo delle plusvalenze si effettua sulla base del valore normale dei beni. Per quanto riguarda invece gli immobili del professionista, la rilevanza delle plusvalenze derivanti dalla estromissione riguarda solo quelli acquistati dopo il 1° gennaio 2007 (in tal senso la risoluzione 13/E/2010). Sono imponibili le plusvalenze degli immobili acquisiti nel triennio 2007-2009, mentre non è del tutto chiaro il regime degli immobili acquistati dal 2010 (nel senso della loro esclusione le istruzioni ai modelli di dichiarazione dei redditi che citano solo le plusvalenze del triennio 2007-2009).
La imponibilità riguarda solo gli immobili (del periodo sopra considerato) strumentali ai sensi dell’articolo 43 del Tuir e dunque utilizzati in via esclusiva per la professione. Tali non sono invece i fabbricati utilizzati promiscuamente (professione e abitazione).
Studio Associato CMNP
Sistema Frizzera