Liti pendenti, definizione della società senza effetto sui soci
In caso di definizione di una lite pendente da parte di una società di persone o di una società di capitali a ristretta base azionaria (articolo 6 del Dl 119/2018), la stessa non comporterà alcun effetto sui soci nei confronti dei quali sia stato rispettivamente accertato un maggior reddito pro capite, ovvero la percezione di utili non dichiarati. È quanto affermato dall’agenzia delle Entrate in una delle risposte fornite nel corso di Telefisco 2019 ( clicca qui per consultarle ), in sostanziale coerenza con i precedenti chiarimenti dell’amministrazione finanziaria ed espressi a commento della chiusura delle liti fiscali disciplinata dall’articolo 39, comma 12, del Dl 98/2011 (circolare 48/E/2011, paragrafo 4.15).
Per il Fisco, infatti, sebbene l’atto di accertamento impugnato dalla società di persone contenga l’indicazione dell’ammontare del reddito o del maggior reddito da imputare per trasparenza ai soci (e normalmente anche dell’Irap e dell’Iva accertata in capo alla società), lo stesso non reca la quantificazione né delle imposte, né delle sanzioni dovute dai medesimi soci. Di conseguenza, l’eventuale definizione della lite da parte della società, limitatamente alle sole imposte accertate nell’atto e di competenza della medesima, non può esplicare alcuna efficacia nei confronti dei soci con riguardo ai redditi di partecipazione accertati in capo a questi ultimi.
In sostanza, quindi, le controversie instaurate dai soci di società di persone, ai soli fini della definizione agevolata, sono da considerarsi come liti autonome e, pur avendo una matrice comune, esse devono essere considerate sul piano processuale distinte e autonome rispetto alla lite instaurata dalla società.
Qualora, quindi, alcuni soci definissero la controversia pendente per il proprio reddito di partecipazione, mentre altri decidessero di proseguire nel proprio giudizio autonomamente incardinato, quest’ultimo non potrà intendersi definito.
Per il Fisco, quanto detto vale a maggior ragione per le società di capitali a ristretta base azionaria per le quali non trova ordinariamente applicazione il principio di tassazione del reddito per trasparenza, ancorché nei confronti delle stesse venga sovente azionato un principio presuntivo di “trasparenza atipica” consolidatasi in ambito giurisprudenziale che, secondo l’orientamento della Cassazione, per le società composte da un numero limitato di soci consente di ritenere che un socio abbia percepito la quota di utile evasa dalla società in proporzione al capitale sociale detenuto. Non va, però, sottovalutato come la definizione di una lite avente ad oggetto tale materia e, in particolare, se la società definisse una lite in cui fosse stata soccombente nei gradi del merito, con tale definitività della controversia societaria si potrebbero rendere più problematiche le difese del socio sull’applicabilità della presunzione di percezione dell’utile in capo allo stesso.