Litisconsorzio tributario, errori a caro prezzo
Nullità assoluta delle decisioni assunte – rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento – con rinvio al giudice di primo grado se l’irregolarità è rilevata in appello o in Cassazione. Sono gravissime le conseguenze che la giurisprudenza di legittimità (sulla scorta della sentenza 14815/2008 delle Sezioni unite) riconnette alla violazione del principio del litisconsorzio obbligatorio, disciplinato dall’articolo 14, comma 1, del Dlgs 546/1992.
Secondo tale norma, se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere parte nello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi. Perciò, se il ricorso non è stato proposto da o nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio mediante la loro chiamata in causa entro un termine stabilito a pena di decadenza.
L’estensione a Snc e Sas
Queste disposizioni sono divenute ancora più rilevanti da quando le Sezioni unite ne hanno riconosciuto l’applicabilità agli avvisi di accertamento riguardanti le società di persone e i relativi soci per il maggior reddito imponibile imputato (da ultimo, ordinanza 17137/2018).
Altrettanto non si è verificato invece, nel caso di sostituto e sostituito sulle liti riguardanti le ritenute d’acconto (pronuncia 8337/2006).
Anche nell’ambito dello stesso reddito d’impresa o di professione, la giurisprudenza della Suprema corte ha trattato in modo differente le varie ipotesi possibili (si veda il grafico), talvolta mutando, nel corso del tempo, il proprio orientamento.
Il litisconsorzio necessario non va confuso con quello facoltativo, disciplinato dal comma 3 del citato articolo 14, e riguardante i destinatari dell’atto impugnato o le parti del rapporto tributario controverso. Così come altra cosa è l’istituto della solidarietà passiva, frequente, ad esempio, nell’imposta di registro.
Restando nell’ambito del rapporto che lega la società di persone (anche di fatto) ai propri soci, non tutti i giudizi integrano l’ipotesi di litisconsorzio necessario. Così non è, ad esempio, se il ricorrente contesta la propria qualità di socio o l’esistenza del vincolo sociale, o se impugna l’atto censurando le sanzioni per infedele dichiarazione (pronuncia 19456/2009).
Se si discute solo di Iva o Irap, o di un credito d’imposta (sentenza 444/2018), non è ravvisabile litisconsorzio obbligatorio, a meno che l’accertamento non riguardi anche il reddito imputato per trasparenza. In questo caso, soci e società sono litisconsorti obbligatori, anche se il giudizio verte sulla natura di società non operativa (da ultimo: 16204/2018).
Società di capitali e «ristrette»
Per le società di capitali, il litisconsorzio non è la regola base, anche se lo diventa nei casi d’adesione al regime di trasparenza fiscale o al consolidato Ires, laddove il legislatore ha previsto un unico atto, notificato sia alla consolidata che alla consolidante (articolo 40-bis del Dpr 600/1973).
Diverso, invece, il percorso in caso di società a base ristretta (concetto non presente nel diritto positivo): l’obbligo del litisconsorzio è generalmente negato (da ultimo: ordinanza 12900/2018) in favore del diverso istituto della sospensione del procedimento verso i soci, in attesa che venga definito quella sulla società ai sensi dell’articolo 295 del Codice di procedura civile.
Professionisti e studi associati
Non c’è alcun dubbio che i singoli professionisti associati siano litisconsorti necessari nel processo riguardante il maggior reddito accertato in capo allo studio associato.
Quanto all’impresa familiare, l’orientamento della Corte volto a negare la sussistenza di un obbligo al litisconsorzio tra titolare e collaboratori è giustificabile solo se si aderisce alla tesi dell’Agenzia riguardo l’imputazione del maggior reddito integralmente al titolare (circolari 6/1984 e 23/E/2003); tesi che a volte viene avversata dalla giurisprudenza di merito (Ctp Reggio Emilia 384/3/2014 e Ctp Trento 13/4/2013) la quale richiama un risalente orientamento di legittimità (21535/2007) recentemente ripreso dalla sentenza 5726/2018.
A fronte del principio di nullità assoluta in caso di violazione del litisconsorzio, la Cassazione ha previsto un importante caveat: non vi sono conseguenze se i ricorsi sono stati trattati dalla stessa sezione, nella stessa udienza e vi è identità sostanziale nelle motivazioni delle sentenze emesse nei confronti della società e dei soci (da ultimo: ordinanza 17806/2018).
Infine, il comma 6 dell’articolo 14 del Dlgs 546/92 specifica che le parti chiamate in causa non possono impugnare autonomamente l’atto se per esse, al momento della costituzione in giudizio, è già decorso il termine di decadenza (evidentemente di un atto previamente loro già notificato).