Lo stop alla donazione per mutuo consenso non fa perdere il bonus prima casa
La risposta a interpello 77: la risoluzione del passaggio di proprietà non rientra fra le ipotesi di decadenza dell’agevolazione
Si evita la decadenza dall’agevolazione prima casa se l’acquirente dona la casa preposseduta anche se poi la donazione viene risolta per mutuo consenso. È quanto afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 77 del 2 febbraio 2021, la quale affronta un argomento inedito.
L’ottenimento dell’agevolazione prima casa presuppone (detto in breve) che l’acquirente non sia titolare di altra casa ubicata nel medesimo Comune (acquistata con o senza l’agevolazione prima casa) o di altra casa, ovunque ubicata, acquistata con l’agevolazione prima casa. La casa di cui il contribuente sia già titolare e che impedisce l’avvalimento dell’agevolazione è identificata, nel gergo professionale, come casa preposseduta.
Pertanto, nell’ipotesi di casa preposseduta, il contribuente che intenda acquistare un’altra abitazione con l’agevolazione prima casa ha due chances: alienare la casa preposseduta prima del nuovo acquisto oppure (se si tratta di una casa acquistata con l’agevolazione prima casa) alienarla entro un anno dal nuovo acquisto.
Non c’è alcun dubbio sul punto che possa avvenire mediante donazione l’alienazione con la quale il contribuente si pone nella condizione di avere l’agevolazione prima casa in sede di nuovo acquisto.
Un problema si pone, invece, se, dopo la donazione (avendo con ciò ottenuto l’agevolazione prima casa in sede di nuovo acquisto), il contribuente donante ponga in essere un contratto, con il donatario, con il quale risolva la donazione che aveva consentito l’avvalimento dell’agevolazione prima casa provocando l’impossidenza.
Il dubbio sorge (al di là di ogni ragionamento che si potrebbe svolgere con riguardo alla materia dell’elusione, argomento cui la risposta 77/2021 non fa nemmeno accenno) in quanto è oggi preponderante l’opinione per la quale il contratto risolutivo (variamente chiamato anche «mutuo consenso» o «mutuo dissenso») ha una efficacia retroattiva: in altre parole, risolvere una donazione significa provocare il ritorno del diritto donato nella sfera giuridica del donante, con effetto dalla data in cui la donazione venne stipulata, come se, cioè, la donazione non fosse mai intervenuta. In altre parole, osservando la vicenda ex post, la titolarità del diritto donato si intende mai appartenuta al donatario, ma sempre appartenuta al donante.
Questa tesi è stata affermata in Cassazione a partire dalla decisione 20445/2011 (e poi riaffermata ad esempio nelle decisioni 3935/2014, 15403/2017 e 5745/2018), invertendo un precedente orientamento che sosteneva l’efficacia ex nunc del contratto risolutivo (Cassazione 5065/1993 e 6488/1997).
L’Agenzia risponde, dunque, al quesito che «lo scioglimento per mutuo consenso dell’alienazione» effettuata con la donazione non «rientra fra le fattispecie di decadenza dall’agevolazione». Quanto alla tassazione della risoluzione per mutuo consenso, l’Agenzia conferma la risoluzione n. 20 del 14 febbraio 2014, vale a dire l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa.