Management fees, a rischio le procedure «amichevoli»
Le criticità del modello di convenzione contro le doppie imposizioni
Nei mesi scorsi l’Ocse ha messo in consultazione pubblica delle proposte di modifiche del commentario all’articolo 9 e ad altre disposizioni del modello di convenzione contro le doppie imposizioni rilevanti ai fini dei prezzi di trasferimento.
Tra queste vi sono indicazioni sull’interazione tra articolo 9 e norme domestiche per cui il principio di libera concorrenza guida alla allocazione dei profitti, mentre la normativa domestica stabilisce se, e come i profitti debbano essere tassati. Vi è anche una modifica all’articolo 24 per cui la clausola di non discriminazione del comma 4 non preclude l’inversione dell’onere della prova nelle operazioni con soggetti non residenti (oltre che richieste aggiuntive come già previsto).
Queste proposte inducono ad alcune riflessioni sulle possibili ripercussioni in caso di verifiche su management fees. Non è inusuale, infatti, la richiesta di copiosa documentazione a supporto dell’inerenza dei costi sostenuti al fine di dare evidenza dell’esistenza dei servizi, dei benefici ricevuti e della congruità degli addebiti. Non di rado queste verifiche si concludono con contestazioni motivate dal fatto che la documentazione fornita è insufficiente a giustificare la deducibilità.
Le proposte potrebbero però comportare ulteriori complessità. Le modifiche all’articolo 24 lasciano ampi margini di manovra per richiedere, in caso di verifiche, documentazioni estremamente dettagliate e difficili da produrre ai fini della deducibilità dei costi infragruppo. Anche se il commentario fa riferimento ai pagamenti a soggetti non residenti, di fatto l’applicazione durante le verifiche è riferita principalmente a operazioni infragruppo transfrontaliere, mentre i controlli su operazioni con soggetti terzi non residenti sono molto meno invasivi (si veda anche il punto 80 del commentario). Inoltre, una contestazione in base alle norme domestiche (articolo 109 del Tuir per costi non inerenti), anziché in base al Tp (articolo 110, comma 7) precluderebbe l’accesso alle procedure amichevoli per evitare le doppie imposizioni. Al riguardo, anche le linee guida Ocse al capitolo VII, paragrafo B1, prevedono in aderenza al principio di libera concorrenza che i servizi siano stati effettivamente resi e che apportino un beneficio.
In aggiunta contestazioni formalmente sollevate ai fini dell’articolo 109 del Tuir potrebbero essere motivate con argomenti collegati anche al Tp, ad esempio se la non deducibilità deriva da una rettifica della base di costo utilizzata per i riaddebiti intercompany o delle chiavi di allocazione utilizzate per ripartire i costi comuni. Talvolta può accadere che la non deducibilità sia desunta (o corroborata) da analisi dei margini di chi riceve o presta i servizi. In sostanza, sono numerosi i casi in cui le contestazioni ex articolo 109 si potrebbero sovrapporre con il 110 e in questi casi andrebbe previsto un obbligo per le autorità competenti di attivare le procedure amichevoli a prescindere dalla formalità della contestazione. Del resto anche l’azione 14 Beps va nella stessa direzione.