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Nel cambio di destinazione da residenziale ad ufficio si perde il diritto alla detrazione del 50%

Ristrutturazione

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di Silvio Rivetti

La domanda

Una persona fisica nel 2017 ristruttura la propria abitazione principale, acquisendo il diritto alle detrazioni 50% ristrutturazione edilizia e 65% per il risparmio energetico. Entro fine 2021 acquisterà un nuovo immobile abitativo localizzato in altra provincia e vi sposterà la residenza divenendo questo abitazione principale. Se volesse spostare la sede legale e operativa di una società di persone di cui è socio nel primo immobile (tramite contratto di comodato d’uso gratuito) dove più non risiede, può continuare a detrarre le quote relative alle detrazioni per ristrutturazione e risparmio energetico? Occorrerà cambiare la destinazione catastale in categoria A10 (ufficio) non venendo più abitato? In caso di risposta affermativa, dando in comodato una sola stanza il cambio di destinazione d’uso potrebbe essere evitato?
B. P. – Prato

Il venire meno dell’utilizzo residenziale dell’unità immobiliare impedisce di continuare a fruire delle detrazioni Irpef al 50%, che spettano solo il relazione al recupero del patrimonio edilizio residenziale esistente, a norma dell’articolo 16-bis del Testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 917/1986. Viceversa, è possibile continuare a fruire delle detrazioni ecobonus, perché esse sono riconosciute anche in relazione a edifici non residenziali (circolare 7/E/2021). Ciò è chiarito dalla risposta all’interpello 611/2021 che riguarda proprio il caso analogo, di lavori agevolati sia al 50% sia mediante ecobonus, eseguiti su un’unità abitativa successivamente concessa in comodato per ospitare la sede di un’attività professionale. Il cambio di destinazione d’uso dell’unità immobiliare, anche senza opere, da funzione abitativa a sede d’impresa o studio professionale, giustifica l’obbligo delle pratiche urbanistiche e catastali conseguenti, comportanti la variazione catastale in categoria A/10. Nell’ipotesi, invece, in cui si volesse concedere in comodato una sola stanza alla società, potrebbe sostenersi l’uso promiscuo dell’immobile, evitando così il cambio di destinazione d’uso e la perdita integrale delle detrazioni al 50%, che resterebbero spettanti in misura dimezzata (come ribadito, ancora una volta, dalla circolare 7/E/2021), a condizione di essere in grado di dimostrare che l’appartamento continua ad essere effettivamente abitato e non semplicemente tenuto libero o a disposizione. Il Fisco potrebbe infatti far valere la regola generale, per cui spetta al contribuente dimostrare la spettanza dei benefici fiscali di cui fruisce, chiedendogli di provare l’effettività dell’uso promiscuo, a prescindere dal dato formale del comodato dell’unica stanza (che appare di per sé poco plausibile, in considerazione della verosimile esigenza di avvalersi anche, quantomeno, dei servizi igienici dell’unità immobiliare).

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