Nel decreto fiscale dote di 550 milioni al Fondo di garanzia
Il Fondo di garanzia per le Pmi, nella versione riveduta e corretta del restyling recentemente completato, è ancora una volta al centro del confronto tra ministero dello Sviluppo economico e Tesoro. La richiesta di rifinanziamento per 900 milioni potrebbe essere parzialmente accolta, nella misura di 350 milioni di dote incrementale per il 2017 e 200 milioni per il 2018.
La dote dovrebbe essere inserita nel decreto fiscale collegato alla manovra, con coperture autonome individuate all’interno dello stesso provvedimento. In questo modo non rientrerebbe direttamente negli interventi della manovra inclusi invece nel capitolo “competitività e innovazione” contenuto nell’integrazione alla Nota di aggiornamento al Def e coperto per soli 338 milioni nel 2018.
Un meccanismo simile fu adottato lo scorso anno, quando il decreto fiscale collegato alla manovra 2017 rifinanziò il Fondo, in quel caso per 895 milioni più altri 100 milioni individuabili a valere sugli stanziamenti del programma operativo nazionale «Imprese e competitività 2014-2020» gestito dal ministero.
È anche vero che i nuovi criteri di garanzia pubblica dei finanziamenti bancari, che puntano molto sulle operazioni finalizzate agli investimenti, potrebbero portare a un minore fabbisogno rispetto al passato. Il nuovo modello di rating relativo alle imprese candidate, secondo i tecnici del governo, comporterà un minore assorbimento delle risorse pubbliche accantonate a fronte dei rischi assunti. Negli anni scorsi, soprattutto durante il picco della crisi, il Fondo aveva forse smarrito la sua vocazione originaria. Molti finanziamenti bancari garantiti riguardavano imprese con un rating elevato e probabilmente sarebbero stati ugualmente concessi dagli istituti di credito. Si rischiava di perdere insomma il potenziale addizionale del Fondo. La riforma si basa su un modello di rating con 5 differenti classi di merito attribuite alle Pmi per graduare le percentuali di copertura in base, oltre che alla durata e alla tipologia di operazione, anche alla rischiosità dell’impresa che intende ottenere credito con garanzia statale. L’obiettivo è facilitare soprattutto la concessione di garanzie alle imprese con rating intermedi, non eccessivamente alti (quindi facilmente finanziabili dalle banche) né eccessivamente rischiosi.
Un focus particolare verrà dedicato alle operazioni per investimenti. Oggi per la garanzia diretta il Fondo di norma va da un minimo del 60% a un massimo dell’80%, la riforma prevede che la copertura all'80% sarà destinata solo ad aziende che investono (anche se il 40% dell’importo può finanziare il capitale circolante legato all’investimento), startup e Pmi innovative, nuove imprese e microcredito. Nel caso di finanziamenti per liquidità l’80% scatterà solo per le operazioni oltre i 36 mesi.