Nel passive income le compravendite di gruppo
Il decreto legislativo n. 142/2018 di recepimento della Direttiva Atad ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina Cfc contenuta nel Tuir.
In particolare, la nuova formulazione dell'articolo 167 del Tuir ora prevede un unico regime Cfc per i “soggetti esteri controllati”, al ricorrere di due requisiti:
assoggettamento a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti se residenti in Italia;
oltre un terzo dei proventi realizzati rappresentato da “passive income”.
Quanto al primo requisito, nel corso di Telefisco 2019 l'agenzia delle Entrate ha chiarito che il livello di tassazione effettiva minima va verificato con riferimento alla sola Ires, e non anche all'Irap, in analogia a quanto già previsto nella previgente normativa per le Cfc “white list”. Sul punto la relazione al decreto legislativo precisa che «è necessario un confronto tra tax rate “effettivo” estero con tax rate virtuale interno - quest'ultimo calcolato procedendo alla rideterminazione del reddito in base alle disposizioni fiscali interne applicate all'utile ante imposte risultante dal bilancio della controllata - confronto che riguarda, sul fronte della tassazione virtuale interna, l'imposta sul reddito delle società».
Più difficile è, invece, declinare l'ambito applicativo del secondo requisito. Il legislatore individua i “passive income” nelle seguenti tipologie di reddito realizzate dalla Cfc:
interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
redditi da leasing finanziario;
redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
proventi derivanti da operazioni intercompany di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo;
proventi derivanti da prestazioni di servizi intercompany con valore economico aggiunto scarso o nullo.
Rispetto allo schema di decreto legislativo, la versione definitiva comprende tra i “passive income” non solo le cessioni di beni ma anche gli acquisti intercompany; la bozza di decreto legislativo faceva, infatti, riferimento ai soli «redditi da operazioni di cessione di beni o prestazioni di servizi a valore aggiunto scarso o nullo».
La menzione dell'attività di compravendita di beni conferma una prassi delle Entrate che, già nella previgente formulazione dell'articolo 167 del Tuir, aveva avuto modo di ritenere ricompresa tra la fattispecie dei servizi intercompany, rilevanti ai fini della disciplina delle Cfc “white list”, anche le attività svolte dalle società di trading di gruppo nei confronti delle consociate (circolare 28 giugno 2011, n. 28/E, diramata sempre in occasione di Telefisco).
Si è dell'avviso che la previsione dovrebbe però riferirsi alle sole società di trading che intrattengono rapporti intercompany sia in sede di acquisto sia in sede di rivendita; diverso dovrebbe essere il caso delle società di trading che acquistano beni prevalentemente da soggetti terzi per poi rivenderli alle consociate del gruppo cui appartengono.
Sul punto è quanto mai opportuno un chiarimento da parte dell'agenzia delle Entrate, in modo da fornire direttive chiare circa l'ambito applicativo della nuova normativa.