Controlli e liti

Niente fondi ai Paesi bocciati in trasparenza

di Valerio Vallefuoco

Sulla base delle proposte del gruppo Codice di condotta, i ministri delle Finanze degli Stati membri dell’Ue, nel corso dell’Ecofin di ieri, hanno rivisto la lista delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali (“black list”). Agli otto Paesi già inclusi (American Samoa, Fiji, Guam, Samoa, Oman, Trinidad e Tobago, Vanuatu, Us Virgin Islands) sono stati aggiunti Cayman Islands, Palau, Panama e Seychelles. Si tratta della dodicesima modifica di questa lista, la cui prima versione con 17 Paesi fu approvata il 5 dicembre 2017. I criteri di inclusione nella lista comprendono la trasparenza del sistema fiscale locale (in termini di adeguatezza dello scambio di informazioni con le altre autorità fiscali), l’esistenza di regimi fiscali di favore, l’implementazione dei minimum standards previsti dal progetto Beps dell’Oecd.

L’intenso lavoro del gruppo Codice di condotta e della Commissione ha permesso di esaminare i sistemi fiscali di 95 giurisdizioni, portando alla rimozione di più di 120 regimi di favore.

Alla black list, infatti, si affianca una “lista grigia”, che contiene i Paesi ancora sotto esame, che devono modificare i loro sistemi fiscali (o aderire ad alcune delle misure previste anche in sede Oecd, come lo scambio automatico di informazioni) entro un certo periodo per non passare nella black list. A oggi la lista grigia contiene 13 giurisdizioni, tra cui Australia, Bosnia, Marocco, Thailandia e Turchia.

Similmente agli Stati membri dell’Ue, anche quelli partecipanti all’Oecd hanno chiesto a quest’ultima di definire una lista di giurisdizioni non cooperative, anche se limitatamente all’area dello scambio di informazioni.

In questo caso, i risultati sono stati meno rilevanti, dato che, ad oggi, questa lista contiene solo due Paesi, Trinidad e Tobago e Guatemala, a meno di novità che potrebbero essere comunicate nel prossimo incontro dei ministri delle finanze del G20 la prossima settimana in Arabia saudita.

Ma quali sono gli effetti dell’inserimento di una giurisdizione nella black list? Non si tratta di un semplice effetto stigma, come si potrebbe ritenere, ma di effetti concreti, che trovano esplicitazione in misure che, sia a livello Ue, sia a livello di Stati membri, debbono essere applicati agli Stati facenti parte della black list.

A livello Ue, i finanziamenti erogati dal Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (Efsd), dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis) e dal mandato per i prestiti esterni (Elm) non possono transitare attraverso soggetti residenti in queste giurisdizioni. Inoltre, altre norme Ue rinviano direttamente a questa lista.

Un esempio di prossima applicazione anche in Italia riguarda la Dac6, secondo cui uno schema fiscale che preveda il coinvolgimento di soggetti o entità residenti in uno degli Stati inclusi nella black list dovrà essere automaticamente comunicato all’amministrazione finanziaria.

Questa lista è poi collegata a quella che dovrà essere emanata a fini antiriciclaggio, dato che gli Stati della black list saranno tra i primi a essere esaminati.

Per quanto riguarda le misure applicate dai singoli Stati membri nei confronti di queste giurisdizioni, anche se non esistono ancora sanzioni applicabili automaticamente, tuttavia gli Stati membri hanno concordato di applicare sanzioni a livello nazionale, ad esempio attraverso un potenziamento del monitoraggio e degli audit nei confronti di soggetti residenti in questi Paesi, l’introduzione di specifiche ritenute alla fonte, o di disposizioni antiabuso ad hoc.

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