Controlli e liti

Non basta la sopravvenuta impossibilità del difensore per rinviare l’udienza

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di Roberto Bianchi

L’istanza di rinvio dell’udienza di discussione per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’articolo 115 delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile, allorché non faccia riferimento all’impossibilità di sostituzione mediante delega conferita a un collega (facoltà concessa dal comma 2, articolo 9 della legge 247/2012), si risolve nella prospettazione di un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore che non rileva ai fini del richiesto differimento. A tale conclusione è pervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31634/2019.
I Giudici di legittimità già nel 2014 con la sentenza 3558 avevano statuito che era «legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l’istanza di rinvio dell’udienza, per impedimento del difensore a comparire, documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un’infermità con stato febbrile (nella specie virosi respiratoria) e ad indicare una prognosi di quattro giorni senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua attitudine a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell’impedimento, non riscontrabili laddove si tratti di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, denotino l’insussistenza di una condizione tale da comportare l’impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute“, mentre con la sentenza n. 17411/2019 hanno ribadito il principio di diritto secondo cui «il legittimo impedimento del difensore, per integrare una causa necessaria di rinvio dell’udienza, deve implicare una assoluta impossibilità a comparire, cosicché, quando l’impedimento allegato consista in un impegno professionale concomitante presso una sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione, alla verifica della possibile designazione di un sostituto processuale deve aggiungersi quella di una possibile variazione d’orario dell’udienza, utile a consentire la partecipazione dell’interessato ad entrambi gli adempimenti cui è chiamato»
Quest’ultima pronuncia risulta essere particolarmente incisiva in quanto ribadisce un principio di diritto già postulato in sede nomofilattica in base al quale l’istanza di rinvio di cui all’articolo 115 delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile, deve fare riferimento alla impossibilità di sostituzione, che ne rappresenta il presupposto, mediante delega a un collega, venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore che non rileva ai fini del rinvio. Tale principio trova applicazione anche nel processo tributario (ordinanza 25783/2018). Precisa la Corte che quando l’impedimento allegato consista in un impegno professionale concomitante presso una sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione, alla verifica della possibile designazione di un sostituto processuale deve aggiungersi quella di una eventuale variazione d’orario dell’udienza utile a consentire la partecipazione dell’interessato a entrambi gli adempimenti cui è chiamato.
A ciò consegue che, ove il concomitante impegno professionale riguardi la celebrazione di una udienza presso un tribunale non distante da quello in cui si chiede il rinvio, deve essere cura del difensore, non solo addurre l’impossibilità di poter nominare un sostituto processuale, ma anche comunicare il fatto che l’orario in cui l’udienza è fissata non gli consente di presenziare anche a quella per cui si chiede il differimento.
Il suddetto presupposto si ritiene insussistente anche quando la parte sia rappresentata all’udienza da difensore, che sostituisce il dominus impedito a presenziare, il quale si limiti a chiedere il rinvio per impedimento, rappresentato da concomitante impegno professionale del sostituito, impegno di cui il sostituto non provi non solo l’esistenza ma anche l’anteriorità rispetto alla causa da discutere.

Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 31634 del 4 dicembre 2019

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