Adempimenti

Nuovo Registro in linea con lo Statuto

di Angelo Busani

La sentenza di Cassazione 2007/18, che dichiara non retroattiva la modifica dell’articolo 20 del testo unico dell’imposta di registro, Dpr 131/1986 ( si veda il Sole 24 Ore di ieri ), dovrebbe implicitamente significare che, con l’articolo 20 modificato, non dovremmo più avere decisioni come quella contenuta nella sentenza 2007, salvo che non si ravvisi un caso di abuso del diritto e, quindi, un comportamento del contribuente giudicato come preordinato al conseguimento di «vantaggi fiscali indebiti», secondo l’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.

Il caso è quello dell’accollo di un debito a una società conferitaria, in connessione con il conferimento in società di un asset di valore positivo: il caso classico è quello del conferimento di un immobile e del contemporaneo accollo alla società conferitaria di un debito contratto dal soggetto conferente.

È un’operazione che la legge stessa ammette: l’articolo 50 della legge di registro consente che, nel caso del conferimento di immobili, «la base imponibile è costituita dal valore dei beni o diritti conferiti al netto delle passività e degli oneri accollati alle società».

Nonostante che il legislatore abbia previsto questo caso in modo assai chiaro, l’amministrazione finanziaria e la giurisprudenza hanno sistematicamente disapplicato questa norma (Cassazione 536/01, 16768/02, 9541/13, 9580/13, 3444/14, 23234/15, 23239/15, 475/18, 2007/18) adducendo, volta per volta:

• la motivazione secondo cui la “causa reale” dell’operazione di conferimento è in effetti una compravendita dell’immobile (ritenendo il ricavato dal finanziamento come il prezzo percepito dal conferente), con la conseguenza della tassazione di una doppia compravendita: l’una, con la quale il conferente compra l’immobile e l’altra, con la quale il conferente cede l’immobile alla società conferitaria, quest’ultima con valore imponibile non riducibile dalla passività accollata;

• la motivazione secondo cui la passività accollata non sarebbe “inerente” all’immobile e, come tale, non sarebbe deducibile.

Su quest’ultimo rilievo è persino elementare rispondere che nessuna passività può essere inerente a un “oggetto”, poiché, per definizione, le passività sono situazioni giuridiche proprie dei “soggetti”. Immaginare una passività inerente a un bene è un palese non-senso.

Sul primo rilievo, quello della “causa reale”, è altrettanto chiaro che se un ragionamento del genere era già assai discutibile in passato (infatti, un conto è compravendere un immobile, altro conto è conferirlo in società), esso è d’ora innanzi bandito dal nuovo testo dell’articolo 20, Dpr 131/86.

Non si potrà più leggere in una sentenza, come si legge nella pronuncia 2007/18, che il contribuente avrebbe dovuto (anziché comprare l’immobile e conferirlo) costituire la società, far finanziare la società e comprare l’immobile direttamente con la società: e ciò in quanto non solo non si può essere costretti a compiere il percorso più oneroso, quando ne è possibile uno meno costoso, ma anche perché l’articolo 10-bis dello Statuto ora dice che quello meno costoso è plausibile se non reca «vantaggi indebiti».

Comportamento “indebito” significa che sarebbe vietato se il legislatore lo prendesse in considerazione. Nel caso in esame, il legislatore l’ha bensì preso in considerazione (nel predetto articolo 50, Dpr 131/86), ma per sancirne una serena e non contestabile praticabilità.

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