Controlli e liti

Obbligo di rivalsa per il sostituto d’imposta

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di Enrico De Mita

Il diritto tributario è caratterizzato da una commistione col diritto civile dovuta al mancato approfondimento del diritto costituzionale. S’impone pertanto un’analisi sistematica della materia.

La regola generale, in tema di soggetti d’imposta, è che soggetto passivo è la persona cui si riferisce il presupposto tributario. Per ragioni di tecnica tributaria (anticipazione della riscossione e rafforzamento dell’accertamento), in alcune ipotesi di legge, una norma eccezionale, rispetto ai principi generali, designa quale debitore della finanza un soggetto diverso da quello al quale va riferito il presupposto di fatto, tipico di una certa imposta. Nella legge e nella dottrina il primo soggetto viene chiamato sostituto, il secondo sostituito. Il sostituto non sopporta necessariamente il carico tributario, anzi non deve sopportarlo perché la legge gli impone l’obbligo di rivalersi verso il sostituito. Eccezionalmente è disposta la rivalsa facoltativa. Oggi la legge definisce il sostituto d’imposta: «Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento d’imposte in luogo d’altri, per fatti e situazioni a questi riferibili ed anche a titolo d’acconto» (articolo 64 del Dpr 600/1973).

Al verificarsi del fatto relativo al sostituito, debitore è il sostituto che avrà anche l’obbligo di esercitare la rivalsa, fin dall’origine viene posto un debitore al posto di un altro. Lo scopo pratico è colpire la ricchezza oggetto di tassazione prima che pervenga nella disponibilità del reddituario (tassazione alla fonte). E la norma non sarebbe funzionale se venissero accolte quelle teorie secondo le quali rivive la soggettività del sostituito in caso di inadempimento del sostituto. Non può essere rimessa alla discrezione del sostituto la funzionalità di un istituto predisposto nell’interesse pubblico. C’è un solo modo di tassare la ricchezza alla fonte, colpire con l’esecuzione forzata il mancato pagamento da parte del sostituto. Difatti le ritenute d’acconto sono scomputate nella tassazione personale dell’imposta dovuta dal reddituario. Solo in ipotesi eccezionali il sostituito diventa condebitore solidale col sostituto, nell’ipotesi di mancata ritenuta e mancato versamento per ritenuta a titolo d’imposta (articolo 35).

Il meccanismo della sostituzione è articolato in rapporti che vincolano il sostituto nei confronti della finanza e il sostituito nei confronti del primo. Tali rapporti non possono essere scambiati e confusi fra loro. In questa logica la rivalsa ristabilisce l’equilibrio economico voluto dall’articolo 53 della Costituzione, secondo il quale l’imposta deve essere sopportata dal reddituario.

In testa al sostituto incombono una pluralità di obblighi.

Le somme soggette a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta sono sottratte a tassazione ordinaria e scontano soltanto l’imposta sostitutiva che è data appunto dall’entità della ritenuta. L’aliquota di tale ritenuta ha quindi anche valore sostanziale, nel senso che certi redditi subiscono una tassazione atipica nella forma tecnica della ritenuta di qui la stessa definizione di «ritenuta a titolo d’imposta». Con riguardo a tale ritenuta si ha la sola ipotesi di corresponsabilità del sostituito col sostituto: in caso di mancata ritenuta e mancato versamento di una ritenuta a titolo d’imposta, il sostituito viene iscritto a ruolo insieme al sostituto.

La mancata ritenuta costituisce violazione di un obbligo tributario, autonomamente sanzionata. Ma in tutte le ipotesi di sostituzione la legge evidenzia chiaramente l’obbligo della rivalsa come distinto da quello della ritenuta. È stata la giurisprudenza della Cassazione che ha dato all’obbligo della rivalsa il suo specifico contenuto: scopo della rivalsa obbligatoria è il divieto di patti contrari, sostituto e sostituito non possono negoziare l’imposta in modo che, malgrado l’effettuazione della ritenuta, il sostituito venga reintegrato nella situazione patrimoniale precedente la tassazione. Scopo della rivalsa obbligatoria è impedire la neutralità fiscale del reddituario. La rivalsa obbligatoria costituisce rispetto del principio costituzionale di capacità contributiva. La sostituzione tributaria è costituzionalmente legittima solo se non viola detto principio.

Da tale impostazione dovrebbe discendere che: 1) la rivalsa facoltativa non è in regola con la Costituzione; 2) l’obbligo di rivalsa è principio generale secondo il quale non è consentito ai privati negoziare le imposte dovute. La Cassazione (10378/2019) ha risolto il contrasto fra due indirizzi che avrebbero escluso l’esistenza della solidarietà tra sostituto e la giurisprudenza opposta. Il testo della sentenza non è molto chiaro. Il ricorso da una parte è inammissibile, tuttavia la Corte intende avvalersi del potere di pronunciare il principio di diritto.

Delle cose dette risulta che soggetto passivo rimane il sostituto per la funzione che al sostituto viene assegnata dalla Costituzione. Il dovere di versamento della ritenuta costituisce una obbligazione autonoma rispetto all’imposta. L’obbligazione è posta dalla legge solamente a carico del sostituto. La solidarietà è prevista solo quando il sostituto non abbia versato l’acconto. Il punto che costituisce un progresso è che il sostituto non è tenuto in solido in sede di riscossione posto che la responsabilità è condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute.

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