Occorre investire sul lungo periodo
Spesso sentiamo dire che per ridurre il debito pubblico italiano è necessario imporre un tetto alla spesa pubblica. Ma quanta spesa è davvero necessaria per il sostegno all’economia? Il problema forse non è tanto l’ammontare della spesa pubblica quanto l’efficienza della stessa. (GLI ISCRITTI REGIONE PER REGIONE)
Nelle risposte a questi interrogativi i pareri sono discordanti. Per i governi, soprattutto a ridosso dei momenti elettorali, la spesa pubblica non è mai abbastanza. Ma per l’esecutivo di Bruxelles - come abbiamo visto in queste settimane, caratterizzate dalla manovra correttiva appena varata dall’Esecutivo - lo spazio a disposizione dei singoli Paesi è ristretto e, anzi, sarebbe necessaria una riduzione delle voci di spesa all’interno dei bilanci nazionali.
La verità in questo contrapporsi di posizioni non è sicuramente facile da individuare, soprattutto in un dibattito economico che da anni è sempre più politicizzato. Non è difficile capire, però, che molto dipende in realtà dalla composizione della spesa e che questa, se non è orientata alla crescita con una prospettiva di medio-lungo termine, è in grado di portare solo a un aumento della spesa corrente, con relativa diminuzione degli investimenti strategici dotati di una solida struttura economica e temporale.
Spesa pubblica e sviluppo
L’idea che il sostegno alla spesa pubblica sia un driver imprescindibile della crescita ha sempre avuto influenza sui governi dei Paesi poco sviluppati, soprattutto nel periodo successivo alle due guerre mondiali. Ma investire nel breve termine non è sufficiente per uno sviluppo sostenibile e duraturo nel tempo.
Da alcuni anni l’economia italiana è in affanno. A fronte di un abbassamento sostanziale del numero di cittadini autonomi dal punto di vista finanziario, è necessario un taglio netto ai costi pubblici superflui.
Sicuramente la condizione dei giovani italiani non permette di guardare al futuro con aspettative positive: la disoccupazione record, unita alla condizione di precarietà del lavoro e alla ridotta capacità di spesa per le nuove generazioni, è sinonimo di riduzione della natalità, invecchiamento della popolazione e relativo saldo negativo tra nascituri e deceduti. Da qui a interrogarsi sulla sostenibilità del nostro sistema economico e previdenziale, il passo è davvero breve.
Strumenti dl lungo periodo
Individuare una soluzione che sia utile a uscire da questa situazione di stallo, stretti tra la necessità di contenere la spesa pubblica e quella di sostenere maggiormente le nuove generazioni senza però ricorrere ad un ulteriore (e non più sostenibile) incremento della fiscalità, non è affatto banale. Un contributo può arrivare cambiando la prospettiva da cui inquadrare la questione, attraverso la ricerca di formule innovative, lungimiranti ed efficaci.
Un esempio: in Italia esistono delle eccellenze dal punto di vista finanziario che finora sono state utilizzate principalmente per finanziare la spesa corrente senza valorizzare affatto la loro naturale propensione ad investire in settori strategici per il Paese. Pensiamo alla Cassa di previdenza dei dottori commercialisti, che nel 2016 ha registrato oltre 65mila iscritti e un risparmio gestito di quasi 6,5 miliardi di euro, con un trend di crescita che non sembra arrestarsi.
Elaborare strumenti finanziari in grado di veicolare – con un adeguato profilo di rischio – gli investimenti di lungo periodo che istituti come la Cassa dottori commercialisti hanno previsto negli anni passati, potrebbe essere il modo più efficace per incrementare gli investimenti in conto capitale.
Il risultato più immediato sarebbe l’innesco di un circolo virtuoso e di lungo periodo, in cui il paradigma secondo il quale più lavoro equivale a più entrate sia fiscali che previdenziali contribuirebbe a rendere sostenibile il sistema per le casse dello Stato.