Imposte

Opportuno evitare le clausole di accollo del debito

di Angelo Busani

Nella determinazione del valore venale dell'azienda oggetto di trasferimento le passività di cui l'acquirente si deve far carico (ad esempio, le retribuzioni e il Tfr maturati ma non ancora corrisposti, i pagamenti dovuti per prestazioni già ricevute eccetera) giocano un ruolo determinante, in quanto la legge (articolo 51, comma 4, Dpr 131/1986) consente di dedurre dal valore dell'attivo (anchè perché il prezzo dovuto dall'acquirente è spesso dato dal risultato della somma algebrica tra attivo e passivo) le «passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del Codice civile».

In questo ambito, vi sono almeno due problemi da risolvere. Il primo è che spesso, nei contratti di cessione d'azienda, si leggono clausole che esplicitano un accordo tra venditore e acquirente nel senso che quest'ultimo si “accolla” le passività aziendali (ad esempio, dato un attivo aziendale di 1.000, dal contratto risulta che l'acquirente si accolla il pagamento di passività per 300). Lo studio del Notariato ammonisce di fare attenzione a queste clausole, le quali potrebbero evocare nell'amministrazione l'idea che la base imponibile sia di 1.300 (1.000 + 300) anziché di 700 (1.000 – 300); questo perché vi è un principio generale, nell'ambito dell'imposta di registro (articolo 43, comma 2, dpr 131/1986), in base al quale il valore dell'accollo di un debito va a comporre la base imponibile da sottoporre a tassazione.

Questo principio è però una fattispecie che non può applicarsi alla cessione di azienda, entità che è naturalmente composta da una sfera di attivo e da una sfera di passivo. Il consiglio professionale è quindi quello di non ricorrere a clausole di accollo nei contratti di cessione di azienda, ma di limitarsi a dire semplicemente che il prezzo si forma sottraendo al valore dell'attivo il valore del passivo che concorre a comporre il perimetro oggetto di cessione.

Il secondo tema da affrontare è quello dell'inerenza delle passività al compendio aziendale oggetto di cessione. Come già osservato, la più recente giurisprudenza esclude la deducibilità, dal valore dell'attivo aziendale oggetto di cessione, del valore delle passività ritenute non inerenti all'azienda ceduta. Per il vero, la legge non contiene nessuna indicazione in tal senso, ma la giurisprudenza ritiene applicabile questo principio con finalità evidentemente antielusive.

È chiaro tuttavia che i debiti facenti parte del perimetro aziendale si presumono, anche solo per questo, inerenti all'azienda oggetto di cessione; e che, qualora l'amministrazione intenda contestarne l'inerenza (e, quindi, la non deducibilità) deve soddisfare il conseguente onere della prova.

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