Contabilità

Opzione con le regole 2016 e doppio effetto sul bilancio

Il richiamo della norma del 2016 fa riferimento al canone, che però era stato introdotto in un contesto differente

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di Paolo Meneghetti

Quanto all’esercizio dell’opzione per trasformare le imposte anticipate in crediti d’imposta, l’articolo 55 del decreto legge 18/2020 fa esplicito riferimento all’articolo 11 del decreto legge 59/2016. L’esercizio di questa opzione fu commentato dalla circolare 32/E del 2016, secondo la quale per le Dta di tipo 2 (cioè le attività per imposte anticipate cui non corrisponde un effettivo pagamento di imposte) la trasformazione in crediti d’imposta era condizionata ad una opzione che si considerava esercitata con il pagamento di un canone annuo dell’1,5% calcolato su una base imponibile data, per dirla in sintesi, dalla differenza tra imposte anticipate e imposte versate nel periodo. Se non vi era base imponibile per tale canone l’opzione veniva esercitata in forma di istanza da inviare telematicamente all’indirizzo di posta elettronica certificata della direzione regionale dell’agenzia delle Entrate territorialmente competente.

Il primo dubbio da chiarire è se la citazione della opzione di cui al decreto legge 59/2016 comporti il pagamento di un canone annuo. Il punto certamente non è chiaro ma una risposta negativa potrebbe nascere dalla considerazione che il provvedimento del 2016 fu assunto per dare una risposta ad un rilievo comunitario in merito al fatto che la trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta potesse rivelarsi un aiuto di stato, mentre la attuale situazione emergenziale mette in secondo piano il tema degli aiuti di Stato, e il pagamento di un canone sembrerebbe inappropriato proprio in virtù dei drammatici scenari economici. Pertanto la citazione della opzione di cui al decreto legge 59/2016 dovrebbe limitarsi alle modalità di esecuzione della medesima, cioè in forma telematica entro il periodo d’imposta di cessione del credito deteriorato.

I riflessi sul bilancio sono due:

in primo luogo la cessione del credito pro soluto per un ammontare inferiore al valore nominale comporta l’emersione di una perdita a conto economico che è anche deducibile fiscalmente, visto che tale perdita comporta la cancellazione del credito e dalla cancellazione deriva la deducibilità fiscale ex articolo 101, comma 5, del Tuir;

in secondo luogo l’emersione di un credito d’imposta (Voce C II 5-bis dell’attivo patrimoniale) in contropartita di un provento che non concorre alla formazione né dell’imponibile reddituale, né di quello Irap.

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