Partite Iva chiuse dal Fisco: compensazioni già bloccate
Compensazioni inibite solo per i soggetti destinatari dei provvedimenti di cessazione della partita Iva o di esclusione dalla banca dati Vies notificati dalle Entrate. Possono invece regolarmente compensare coloro che hanno chiuso volontariamente la partita Iva per cessata attività. È quanto si ricava dall’articolo 2 del decreto fiscale (Dl 124/2019). Infatti, la norma si limita a porre uno specifico divieto solo a categorie di contribuenti ben individuate, nonostante il titolo dell’articolo possa far pensare il contrario («cessazione partita Iva e inibizione della compensazione»).
Via libera, dunque, a tutti coloro che cesseranno l’attività con data 31 dicembre 2019 (ma lo stesso principio si applica alle chiusure successive a questa data così come a quelle anteriori). Questi soggetti potranno, come prima, programmare liberamente le proprie risorse finanziarie, contando sull’istituto della compensazione per gestire i pagamenti fiscali.
Anche questi contribuenti, però, dovranno soggiacere alle nuove regole previste dall’articolo 3 dello stesso decreto. Perciò, a partire dal prossimo 1° gennaio – con riferimento già ai crediti maturati nel periodo d’imposta 2019 – anche a loro si applicherà l’estensione dei principi tipici dell’Iva alle imposte dirette. Per le dirette, infatti, è previsto che per le compensazioni sopra i 5mila euro si dovrà procedere con l’inoltro della dichiarazione dei redditi e dell’Irap prima di compensare, pena lo scarto della delega presentata (si veda anche Il Sole 24 Ore dello scorso 4 novembre).
A chi si applica l’alt
L’articolo 2 del decreto si concentra su due ben distinte categorie di soggetti, in ragione dei rilevanti profili di frode che hanno determinato l’adozione della misura di blocco da parte delle Entrate.
Si tratta in primo luogo dei titolari di partita Iva destinatari di provvedimenti di cessazione della stessa (articolo 35, comma 15-bis del Dpr 633/72), per i quali, a partire dalla data di notifica del provvedimento, viene inibita la possibilità di utilizzare in compensazione nel modello F24 i crediti, tributari e non (ad esempio, crediti Inps e Inail), indipendentemente dal settore impositivo e dall’importo, fino a quando permangono le circostanze che hanno determinato l’emissione del provvedimento.
In questi casi il divieto si applica a tutti i crediti asseritamente vantati dal contribuente, proprio in ragione dell’insussistenza dei requisiti soggettivi e/o oggettivi previsti dal Dpr 633/1972, per i quali è stato emesso il relativo provvedimento di cessazione.
L’inibizione alla compensazione riguarda anche i contribuenti oggetto di esclusione dalla banca dati Vies (articolo 17 del Regolamento (UE) 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010). Per essi la stretta sulle compensazioni riguarda i soli crediti Iva. Tale esclusione rimane operativa fino a quando non siano state rimosse le irregolarità che hanno generato il provvedimento di esclusione.
In entrambe le ipotesi, in caso di compensazione, il sistema Entratel procederà con lo scarto del modello F24 con l’effetto che tutti i versamenti e le compensazioni contenuti nella delega si considerano come mai avvenuti. Il contribuente, in tale fattispecie, è tenuto ugualmente al versamento degli importi a debito indicati nel modello di pagamento oggetto di scarto, ferma restando, comunque, l’irrogabilità delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 13, comma 1, del Dlgs 471/1997, in caso di mancato pagamento entro le ordinarie scadenze di legge.
I crediti in oggetto – non potendo essere compensati – dovranno divenire oggetto di richiesta di rimborso da parte del contribuente, (ai sensi dell’articolo 38 del Dpr 602/1973 e dell’articolo 30 del Dpr 633/1972), oppure potranno essere riportati quale eccedenza pregressa nella dichiarazione reddituale o Iva successiva, consentendo così un più efficace presidio da parte del Fisco.