Imposte

Partite Iva, i redditi riprendono fiato

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di Marco Mobili e Giovanni Parente

Tra i tanti cahier de doléances del mondo delle partite Iva e in particolare dei professionisti un piccolo segnale in controtendenza arriva dalle dichiarazioni dei redditi. Gli importi medi più alti per l’anno d’imposta 2015 risultanti dagli studi di settore riguardano proprio il lavoro autonomo: le attività professionali, infatti, hanno dichiarato poco più di 44.300 euro, che significa un 6,5% sull’anno d’imposta precedente. Il dato reso noto ieri dal dipartimento delle Finanze con la pubblicazione delle statistiche fiscali fa segnare una ripresa dopo tre anni di flessione. Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: l’effetto crisi si sente ancora. Un numero lo fa capire: nel 2011, quando sui mercati finanziari impazzavano gli spread, il reddito medio dei professionisti arrivava quasi a sfiorare i 50mila euro annui. Nel 2012 la congiuntura economica e dall’altro a incassare le parcelle per le attività svolte, hanno portato al primo vero tracollo del 13 per cento. Fatto sta che da allora il segno preponderante è stato quasi sempre quello negativo.

Ora si tratterà di capire se questo cambio di passo è solo un episodio o potrà essere duraturo. Ci sono almeno due variabili da valutare.

1) L’importo medio dei rediti dichiarati con gli studi di settore in realtà non rispecchia una realtà molto composita, in cui a trainare verso l’alto i valori sono soprattutto i notai. Se si considerano solo le persone fisiche (con le formule societarie o associate il valore sarebbe più alto ma risulterebbe un po’ falsato il confronto con altre categorie che operano prevalentemente in modalità “autonoma”), i notai hanno dichiarato in media quasi 218mila euro (con una crescita dell’8,2% rispetto al 2014).

2) La fuoriuscita dal perimetro dei soggetti obbligati a compilare gli studi di settore (nel complesso si registra un calo del 5,8%) di molti contribuenti di minori dimensioni “migrati” verso il regime forfettario ha consentito all’importo medio di attestarsi su valori più alti.

I numeri, comunque, trasmettono un segnale incoraggiante anche per le professioni dell’area giuridico-economica. Con gli studi legali che superano la soglia dei 40mila euro, mentre mantengono uno standard superiore alla media di settore i commercialisti con 48.900 euro. A tallonare un po’ più da vicino i notai - anche se la distanza è notevole - sono invece studi medici e odontoiatrici. Mentre in termini percentuali, tra tutte le categorie professionali, la migliore performance appartiene agli agronomi (+14,6%).

Considerando tutti gli studi di settore, il reddito complessivamente dichiarato è pari a 107 miliardi di euro in crescita del 5,3% sull’anno d’imposta 2014. E qui può esserci anche un effetto compliance su cui gioca un ruolo anche il regime premiale degli studi di settore. Tra le categorie, aumenti anche per manifatture (37.440euro in media con un incremento del 15,5%), servizi (+12,8%) e commercio (+18%).

Ma i dati delle statistiche fiscali forniscono anche un quadro anche sull’andamento dell’imposta sul valore aggiunto da cui è possibile tracciare un bilancio anche del primo anno di applicazione dello split payment (oggetto di un ulteriore allargamento nella manovrina contestato dalle categorie produttive). Dalla dichiarazioni Iva 2015 emerge che sono circa 328mila i contribuenti che hanno effettuato operazioni verso la Pa con pagamenti in split payment, per un ammontare di 83,9 miliardi di euro.

Come fanno notare dalle Finanze, i fornitori con volume d’affari oltre i 50 milioni effettuano il 50% delle operazioni totali con le scissione dei pagamenti. Ma c’è anche un rovescio della medaglia perché lo split payment ha giocato un ruolo anche sull’aumento dei creditio chiesti a rimborso arrivati a toccare quota 9,9 miliardi di euro con una crescita del 27,2 per cento. Più in generale, il volume d'affari dichiarato è pari a 3.277 miliardi di euro (+0,7% rispetto all'anno precedente) e il valore aggiunto fiscale ammonta a 764 miliardi di euro (+0,3%). L’ammontare dell'Iva di competenza dell'anno d'imposta, definita come saldo tra Iva a debito e Iva detraibile è pari 89,6 miliardi di euro.

Le statistiche fiscali diffuse ieri evidenziano anche un maggior livello di definizione sull’Ipef in base al reddito prevalente. Ebbene, l’83,2% dei circa 40,8 milioni di contribuenti detiene redditi da lavoro dipendente e pensione mentre solo il 5,3% del totale ha un reddito prevalente da attività d’impresa o lavoro autonomo. Puntando i fari sul reddito medio da lavoro dipendente, si riscontra una notevole variabilità: il reddito medio più basso (9.700 euro) è quello di chi “presta servizio” alle dipendenze di una persona fisica mentre quello più elevato (23.750) è per chi lavora per una società di capitali.

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