Per la Cassazione il sostituito paga due volte
Più difficile appare la posizione del soggetto percettore che ha subito la ritenuta senza che sia stata versata al Fisco. A pesare in questo caso è l’orientamento restrittivo della Cassazione. In diverse pronunce (14598/2017, 12113/2017, 12076/2016, 9933/2015, 9763/2014, 23121/2013), la Corte ha subordinato lo scomputo delle ritenute all’effettivo versamento, perché, in base all’articolo 35 del Dpr 602/1973, anche il sostituito sarebbe obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituto.
Questa posizione della Cassazione è molto criticata (si vedano gli studi del Notariato 39/2005/T e n. 192/2007/T), in quanto ritenuta “pilatesca”, nel senso che scarica sul contribuente incolpevole un problema di mancato incasso erariale per un comportamento antigiuridico del sostituto. È evidente che se l’Agenzia non è riuscita a imporre al sostituto il versamento della ritenuta operata, ben poco potrà fare il soggetto sostituito, il quale viene ad essere così penalizzato due volte. E ciò senza che abbia commesso alcuna infrazione (così, in passato, Cassazione 8606/1996).
Peraltro, il prolungamento del ravvedimento operoso per tutto il periodo soggetto ad accertamento comporta che il sostituto potrebbe benissimo mettersi in regola dopo che il soggetto percettore ha presentato la dichiarazione dei redditi e, a ben vedere, anche dopo che quest’ultimo ha ricevuto la richiesta di documenti in base all’articolo 36-ter Dpr 600/1973. Costringere il percettore a subire una seconda volta l’imposizione in sede dichiarativa (attraverso l’indicazione prudenziale del reddito “al lordo” di somme non percepite) ovvero in sede di successivo controllo formale del modello, appare decisamente asistematico e incoerente, per cui, in assenza di un cambio di rotta giurisprudenziale, appare necessario un intervento del legislatore. In proposito giova ricordare che l’articolo 22, comma 1, Tuir consente al contribuente di scomputare «le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo», il che pare proprio non avere nulla a che fare con l’obbligo di versamento del sostituto d’imposta (la stessa Cu, del resto, certifica le ritenute operate, non quelle versate). Inoltre, l’articolo 35 del Dpr. 602/1973, invocato dalla Cassazione a sostegno della propria tesi, introduce la solidarietà del sostituito relativamente a redditi sui quali il sostituto d’imposta «non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti». Al di là del fatto che la norma chiama in causa la «ritenuta a titolo d’imposta» e non quella «a titolo d’acconto», il dato letterale è chiaro nel riferirsi ad ipotesi in cui la ritenuta non solo non è stata versata ma non è stata nemmeno operata (si veda Il Sole 24 Ore dell’11 giugno 2017 e Ctr Puglia 112/26/2012). Ne dovrebbe conseguire che in tutti i casi in cui vi è la prova che la ritenuta è stata operata, la norma risulta inapplicabile e, con essa, anche la solidarietà del percettore.
In tale direzione si è in prevalenza schierata la giurisprudenza di merito: Ctr Lombardia 6550/49/2016 e 23/49/2016, Ctr Palermo 2047/25/2016, Ctr Piemonte 595/22/2014, Ctr Toscana 74/1/2013, Ctp Sondrio 58/2/2017, Ctp Milano 163/12/2013, Ctp Mantova 151/02/2016, Ctp Treviso 105/7/2010.