Per l’affiancamento serve il coordinamento con le norme fiscali
L’affiancamento in agricoltura va avanti a piccoli passi. I commi 119 e 120 della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) ripropongono le disposizioni in materia di affiancamento in agricoltura già emanate sotto la forma di legge delega nel collegato agricolo (legge 28 luglio 2016, n. 154). Ci si attendeva quindi un decreto legislativo, invece il nuovo corso trova spazio nella legge di bilancio. Lodevole l’intenzione del legislatore, ma mancano le disposizioni di coordinamento con la normativa fiscale.
Lo scopo è quello di favorire lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura ed agevolare il passaggio generazionale; per questo la norma non vieta ne richiede vincoli di parentela. Il mentore deve essere un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo, che svolga le attività di cui all’articolo 2135 del Codice civile e che abbia una età superiore a 65 anni o se più giovane che abbia raggiunto la pensione. La normativa ha validità per un triennio dal 2018 al 2020.
I giovani che devono essere affiancati al senior devono avere una età compresa tra 18 e 40 anni e possono essere organizzati anche in forma associata; inoltre non devono essere proprietari o titolari di altro diritto reale su terreni agricoli. Tra i giovani e l’agricoltore più attempato deve esse stipulato un contratto di affiancamento che deve prevedere un regime di miglioramento fondiario e impegna l’imprenditore agricolo anziano a trasferire al giovane affiancato le proprie competenze nell’ambito delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del Codice civile; il giovane si impegna contribuire direttamente alla gestione anche manuale dell’impresa agricola e ad apportare le innovazioni tecniche e gestionali necessarie alla crescita dell’impresa. L’affiancamento non può avere una durata superiore a tre anni e comporta in ogni caso la ripartizione degli utili dell’impresa agricola in una percentuale compresa tra il 30 ed il 50% a favore del giovane. Il giovane imprenditore agricolo contribuisce direttamente alla gestione dell’azienda ed inoltre il giovane ha diritto a delle forme di compensazione in caso di risoluzione anticipata del contratto. Il giovane matura altresì il diritto di prelazione agraria secondo le modalità della legge 590/1965.
Durante il periodo di affiancamento il giovane agricoltore è equiparato all’imprenditore agricolo professionale ai sensi dell’articolo 1 del Dlgs 99/2004, da cui ne discende anche l’obbligo della assicurazione previdenziale per la quale anche nel 2018, se il richiedente ha meno di 40 anni usufruirà dello sgravio contributivo per tre anni.
I contratti di affiancamento hanno priorità nei progetti di sviluppo (D.Lgs n. 185/2000) aventi per oggetto la produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.
Sotto il profilo formale l’affiancamento non trova precedenti nel nostro ordinamento giuridico e nemmeno nel settore agricolo; infatti non può essere un contratto di rete in quanto i giovani non sono un’impresa, ne un contratto di compartecipazione agraria che per sua natura è stagionale. La forma che più si avvicina è il contratto di associazione in partecipazione che però non potrebbe usufruire delle agevolazioni fiscali agricole.
Fiscalmente non è regolata l’imputazione del reddito dal 30 al 50 % che se attribuito senza un inquadramento normativo, sarebbe tassato ai fini Irpef per il giovane percettore come reddito di lavoro dipendente; se il giovane è un familiare entro il terzo grado di parentela o un affine entro il secondo grado si può usufruire dell’istituto della impresa familiare di cui all’articolo 5 del Dpr 917/86 e quindi è possibile attribuire al giovane un quota di reddito agrario. Insomma una buona norma che però deve essere perfezionata sotto il profilo giuridico e fiscale.