Imposte

Per i pannelli fotovoltaici ancora dubbi sula rendita catastale

di Teresa Gasparre e Leonardo Grassi

Dal 1° gennaio 2016 sono cambiate le regole di determinazione della rendita catastale dei fabbricati di categoria “D” ed “E” (unità immobiliari urbane a destinazione speciale e particolare). Nello specifico, l'articolo 1, comma 21 della legge 208/2015 (legge di Stabilità 2016) ha escluso dalla determinazione della rendita catastale – determinata mediante stima diretta – le componenti impiantistiche di varia natura (macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti) funzionali allo specifico processo produttivo.
Tale intervento costituisce la risposta del legislatore alla problematica, evidenziata più volte dal mondo delle imprese, insita nel precedente sistema di calcolo della rendita catastale che prendeva in considerazione componenti mobiliari (le macchine ed attrezzature di lavoro che, per loro stessa natura, hanno vita breve) funzionali all'attività produttiva esercitata nell'immobile, ma del tutto privi del requisito dell'immobiliarità. Tale sistema, infatti, portava ad una ingiustificata tassazione di tipo patrimoniale dei cosiddetti “imbullonati”, determinando un incremento considerevole delle rendite catastali, con effetto sul calcolo di Imu e Tasi.
La modifica normativa assume particolare rilevanza in specifici settori produttivi, come quello dell'energy, nel quale i cosiddetti “imbullonati” rappresentano non una mera componente impiantistica bensì, nella maggior parte dei casi, parte stessa dell'opificio.
In merito, non risultano ancora sufficienti le indicazioni fornite dall'Agenzia delle entrate nella circolare 2/E dello scorso primo febbraio, in base alla quale risultano esclusi dalla determinazione della rendita catastale – tra gli altri componenti – i pannelli fotovoltaici, ad eccezione di quelli «integrati nella struttura e costituenti copertura o pareti di costruzioni».
A parere di chi scrive possono, invero, delinearsi tre scenari:
1) pannello fotovoltaico strutturalmente integrato nel tetto o nelle pareti del fabbricato, la cui rimozione renderebbe quest'ultimo inutilizzabile: come (espressamente) specificato nella circolare citata, esso deve essere ricompreso nella base imponibile come parte costituente l'immobile;
2) pannello fotovoltaico quale componente impiantistica autonoma rispetto al fabbricato e funzionale allo specifico processo produttivo: tale bene mobile non deve essere ricompreso nella determinazione del valore catastale perché elemento accessorio e strettamente correlato all'attività caratteristica dell'impresa;
3) pannello fotovoltaico fissato al suolo o alle costruzioni, con qualsiasi mezzo di unione: esso determina un quid pluris nella quantificazione del reddito prodotto attraverso l'immobile. Potrebbe essere il caso dei campi fotovoltaici, che conferiscono al terreno su cui sono collocati un'utilità autonoma ed indipendente, di necessaria ulteriore valutazione.
Si segnala come, rispetto al caso delineato al sub 3), ad oggi non sia chiara agli operatori del settore la corretta modalità di determinazione della base imponibile ai fini Imu e Tasi.
Nell'ipotesi delineata si verificherebbe, infatti, una differenza nella determinazione del valore catastale, quindi una disparità di trattamento, in relazione alla scelta dell'impresa del luogo ove collocare l'impianto.
La specifica è di estrema rilevanza, in quanto chi presenterà entro il 15 giugno 2016 l'atto di aggiornamento della rendita catastale, chiedendo la revisione della stima diretta, otterrà la revisione dell'imponibile con decorrenza retroattiva (dal 01 gennaio 2016), beneficiandone ai fini dell'acconto Imu e Tasi del prossimo 16 giugno.
Nel corso dei prossimi mesi è, quindi, auspicabile che l'Amministrazione finanziaria intervenga sul punto per chiarire la reale ed effettiva utilità del ricalcolo della rendita catastale per i beni impiegati nell'attività produttiva relativa al settore energetico.

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