Controlli e liti

Per i refrattari dell’RW accertamento fiscale a partire dall’anno 2011

Nel mirino del fisco sono 839mila italiani registrati all’anagrafe di oltre 50 Paesi blacklist

di Alessandro Galimberti

I “refrattari” del Quadro RW - contribuenti che non hanno regolarizzato le proprie disponibilità all’estero aderendo ai programmi di voluntary disclosure del 2015 e 2017 - rischiano di finire sotto accertamento fiscale a partire dall’annualità 2011.

Le richieste di collaborazione avviate nei mesi scorsi dall’agenzia delle Entrate riguardano infatti le oltre 50 amministrazioni presenti nella black list «persone fisiche» del Dm 4 maggio 1999 del Mef, elenco che fa scattare una serie di presunzioni legali: non solo la fittizietà della residenza nei “paradisi” - che spetta al contribuente confutare con prove convincenti - ma anche la presunzione di evasione fiscale all’origine dei depositi/investimenti e, come effetto, il raddoppio dei termini di accertamento, oltre al raddoppio delle sanzioni irrogabili.

Nel mirino dell’Ucifi - l’ufficio per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali dell’agenzia delle Entrate- ci sono 839mila italiani residenti all’estero per il periodo temporale che va del febbraio del 2015 fino al momento dell’entrata in vigore degli standard Crs per lo scambio automatico di info fiscali, momento che varia da Paese a Paese secondo il calendario di adozione condiviso a suo tempo in sede Ocse. Le richieste di assistenza amministrativa “di gruppo” - cioè relative a un insieme di contribuenti nelle medesime condizioni - sono infatti regolate dagli accordi bilaterali firmati a metà del decennio scorso dall’Italia con i Paesi presenti nella black list “persone fisiche” del ’99, ma che nel frattempo e grazie anche a quegli accordi sono diventati a pieno titolo compliant. È il caso, per esempio, delle intese siglate con Svizzera e Principato di Monaco, Stati che proprio in forza di quei Protocolli del 2015 erano tenuti a rispondere - e infatti hanno risposto - alle rogatorie italiane.

Un percorso diverso hanno invece seguito le “lettere” recapitate nei mesi scorsi dall’Agenzia ai contribuenti scoperti con conti e attività a Dubai. In questo caso l’origine dell’investigazione è collegata all’acquisto, da parte della Germania nel giugno del 2021 - autorizzata dalla propria legislazione a farlo - del file completo dei risparmiatori/investitori stranieri negli Emirati.

La mossa del fisco tedesco, che aveva pagato 2 milioni la lista da anonimo ma certamente qualificato offerente, ha finito per intercettare tutti quelli che all’approssimarsi degli accordi del 2014-15 decisero di delocalizzarsi nel Medio oriente arabo. Una scelta che oggi mostra la sua fragilità, e non solo per la progressiva adesione nel frattempo anche dei paesi del Golfo a standard di accettabile trasparenza antiriciclaggio/antiterrorismo: la notifica in corso di un atto da parte dell’amministrazione fiscale italiana rischia di “cementare” il tentativo di evasione tributaria, che l'erario punisce con penalità fino a cinque volte superiori gli asset non dichiarati.

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