Perdite fiscali, i termini di accertamento partono dall’origine
Secondo i giudici, i poteri del Fisco non decorrono dal periodo d’imposta in cui la perdita viene utilizzata
Sui termini di accertamento delle perdite fiscali, la tesi sostenuta spesso dall’Agenzia viene smentita dai giudici tributari. Secondo l’orientamento prevalente nella giurisprudenza di merito, infatti, il termine decorre dal periodo d’imposta in cui la perdita viene originata e non da quello in cui la stessa viene utilizzata.
L’articolo 43, comma 1, del Dpr 600/1973 stabilisce che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nel caso di perdita fiscale, la questione ruota attorno a un punto: dalla presentazione della dichiarazione di quale periodo d’imposta decorre il termine di decadenza dell’azione accertatrice dell’amministrazione finanziaria? Ciò anche alla luce del fatto che l’agenzia delle Entrate, nell’ambito delle verifiche fiscali, talvolta accerta la perdita fiscale facendo riferimento al periodo d’imposta di utilizzo.
Le pronunce dei giudici
In giurisprudenza ci sono diverse sentenze che, pronunciandosi a favore dei contribuenti, affermano che il termine per l’accertamento decorre dal periodo della genesi delle perdite fiscali. Tra queste (senza pretesa di esaustività) si segnalano la Ctr Veneto 12 giugno 2017, n. 18, la Ctr Piemonte 14 novembre 2014, n. 1332, la Ctp Reggio Calabria 18 gennaio 2016 n. 217 e la Ctp Milano 12 novembre 2018 n. 5078.
Da quest’ultima sentenza, in particolare, emerge un’interessante motivazione, secondo cui la posizione (restrittiva) sostenuta dall’Agenzia nel caso trattato implicherebbe un evidente pregiudizio del principio della certezza del diritto e dei rapporti giuridici. Secondo i giudici milanesi, la tesi dell’ufficio «è in evidente contrasto con le esigenze di stabilità e di rapidità nella definizione dei rapporti tributari, atteso che essa implica una inammissibile dilatazione dei termini ordinari per l’accertamento».
In senso conforme e con motivazioni assimilabili, si esprime la Ctr Piemonte 1332/2014, che finisce per affermare l’importante principio in base al quale la perdita fiscale non è un elemento reddituale dell’esercizio in cui viene utilizzata, ma è un elemento reddituale dell’esercizio in cui si è formata.
Il rischio di un termine indefinito
Peraltro, va evidenziato che l’articolo 84 del Tuir, che regolamenta il riporto delle perdite fiscali per le società di capitali, a seguito delle modifiche apportate dal Dl 98/2011, prevede che non vi è alcun limite temporale alla riportabilità delle perdite conseguite in un periodo d’imposta. Mentre in precedenza per il riporto era fissato un periodo quinquennale, oltre il quale le perdite venivano inesorabilmente perse.
Alla luce di tali disposizioni, volendo aderire all’interpretazione restrittiva che talvolta l’agenzia delle Entrate adotta nelle verifiche fiscali, si giungerebbe alla conclusione che l’ufficio ha il potere di rettificare le perdite fiscali, maturate da un contribuente, anche ben oltre un decennio e di fatto sine die, in virtù dell’illimitata riportabilità in avanti prevista dall’articolo 84 del Tuir.
Questa considerazione porta dunque a preferire l’interpretazione sposata dalla citata giurisprudenza, che si sostanzia nel cristallizzare la perdita decorsi cinque anni dalla presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui la stessa si è generata.
Gianluca Dan, Matteo Pozzoli, Michele Iori
Sistema Frizzera