Contabilità

Piena neutralità solo per i conferimenti parziali

di Michele Dimonte e Michele Gusmeroli

La risoluzione 63/E del 9 agosto scorso ha fornito un’interpretazione potenzialmente restrittiva della direttiva 2009/133/Ce, ove se ne considerino le conseguenze sulle operazioni diverse dal caso di specie. La fattispecie considerata era singolare in quanto:
si trattava di un conferimento parziale, interessante soltanto uno dei due rami d’azienda costituenti la stabile organizzazione del conferente, la quale non si sarebbe quindi estinta con l’operazione;
la società estera conferente era francese.

La sopravvivenza della stabile organizzazione permetteva all’istante di assegnare la partecipazione riveniente dal conferimento alla stabile organizzazione, mantenendo quindi tale partecipazione all’interno del regime dei beni d’impresa. Qualora invece il conferimento avesse interessato l’unica azienda costituente la stabile organizzazione del conferente, l’operazione avrebbe necessariamente determinato l’estinzione di tale stabile organizzazione: la partecipazione riveniente dal conferimento sarebbe quindi ricaduta in un regime di redditi diversi. In quest’ottica, la situazione di una conferente francese è peculiare: mentre i residenti in tutti gli altri Paesi Ue, in quanto aventi diritto ai benefici convenzionali, sono generalmente (salve clausole immobiliari) non tassabili in Italia sui redditi diversi realizzati dalla successiva cessione delle partecipazioni, la peculiarità del trattato con la Francia comporta che il regime d’impresa con participation exemption risulti più desiderabile rispetto al regime dei redditi diversi. La pubblicazione della risposta all’interpello significa però che tali peculiarità potrebbero non limitare più l’ambito applicativo del postulato implicito desumibile dalla risoluzione: la necessità che la partecipazione riveniente dal conferimento della stabile organizzazione sia attribuita alla stessa stabile organizzazione conferente. Quindi, qualora tale stabile organizzazione venisse meno, ne conseguirebbe l’automatico realizzo al valore normale della partecipazione stessa: ancora all’interno del regime dei beni d’impresa . Ci si chiede quindi:
se il postulato della risoluzione sia limitato ai casi di branch incorporation, o se invece sia estendibile ai conferimenti estero su estero;

quanto tale postulato sia compatibile con i principi dell’ordinamento Ue. Malgrado il caso di specie riguardasse un conferimento d’azienda italiana in società italiana, l’analisi normativa della risoluzione sembrerebbe applicabile anche al trasferimento della stabile organizzazione italiana tra due società Ue, residenti in diversi stati membri; in tal caso, quindi, per un istante sussisterebbero due stabili organizzazioni: della conferente (avente come unico asset la partecipazione riveniente dal conferimento, in procinto di realizzarla come bene d’impresa) e della conferitaria (destinataria del complesso aziendale). In pratica, la neutralità prevista dalla direttiva fusioni si applicherebbe ai soli beni di primo grado (attività e passività aziendali), mentre vi sarebbe invece un immediato e automatico realizzo dei beni di secondo grado (le partecipazioni), quale necessaria conseguenza dell’operazione.

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