Imposte

Pmi e global minimum tax i nodi del nuovo regime

Tagliate fuori le Pmi che sviluppano Ip ma senza ingenti investimenti in ricerca e sviluppo

di Maricla Pennesi

Con la pubblicazione del Dl 146/2021 entra in vigore un nuovo e completamente rivoluzionato regime di patent box (Pb), basato sulla deduzione Ires/Irap dei costi per attività di ricerca e sviluppo ammissibili incrementata del 90% e non più sull’extra reddito attribuibile agli Ip agevolabili. Non sarà più possibile cumulare i benefici tra nuovo patent box ed il credito di imposta in attività di ricerca e sviluppo.

A tutte le opzioni comunicate dalla data di pubblicazione (21 ottobre) dovrebbe applicarsi la nuova disciplina.

Purtroppo le più grandi perplessità si incentrano proprio sul regime transitorio e non solo, al punto da ravvisare violazioni dello Statuto del contribuente e incertezze interpretative che non sono accettabili in questa fase di ripresa e riforme del Paese.

Elemento discriminante per applicabilità del vecchio regime sembra essere l’opzione per il Pb nella dichiarazione dei redditi (quadro OP) che generalmente viene effettuata entro novembre dell’anno successivo. Per beneficiare del vecchio patent box per l’anno fiscale 2020, ci sarebbe stato tempo sino a novembre 2021. Primo elemento distorsivo tra chi l’opzione l’ha esercitata e chi ancora no, beneficiando legittimamente di un termine di legge. In base al decreto vi è, infatti, la decadenza retroattiva dal vecchio beneficio per tutti quei soggetti che non hanno ancora presentato la dichiarazione dei redditi pur avendo tuttavia già esposto in bilancio il beneficio, liquidando le imposte a saldo per il 2020 ed in acconto per il 2021 al netto del vantaggio fiscale spettante in base alla disciplina vigente alla data.

Non è chiarissimo, anche se chi scrive propende per la non applicabilità, se il nuovo regime valga obbligatoriamente anche nei confronti di società che hanno presentato istanza di ruling ex articolo 31-ter del Dpr 600/1973 con memoria integrativa per il 2020, ma non hanno un accordo sottoscritto e non hanno ancora effettuato l’opzione nel quadro OP.

Di seguito alcuni degli effetti collaterali su cui riflettere.

- Eliminazione del cumulo del beneficio tra credito d’imposta R&S e patent box che era stato accolto con estremo favore dalle imprese anche estere che investono in Italia.

- Con la nuova disciplina il vero beneficio è solo per chi tipicamente investe rilevanti risorse finanziarie in R&S come farmaceutiche, tech company, ecc. Restano tagliate fuori la stragrande maggioranza di tutte le Pmi che in Italia sviluppano Ip ma senza ingenti investimenti in R&S; il vecchio patent box, infatti, consentiva una detassazione del 50% sull’extra reddito attribuibile agli Ip anche senza la necessità di sostenere rilevanti costi di ricerca e manutenzione ogni anno. Era un beneficio che dava un respiro finanziario a queste imprese e valorizzava un patrimonio di Ip soprattutto know how non conosciuto, a volte neanche dalle imprese stesse.

- Reinserimento dell’agevolazione patent box anche per i marchi d’impresa che tuttavia parametrata ai costi R&S, potrebbe non essere particolarmente interessante, salvo sostenere dispendiose campagne pubblicitarie mirate; tuttavia post Covid-19 uno dei budget più ridimensionati è proprio quello in pubblicità.

- Il vecchio patent box era insieme a Industria 4.0 tra le agevolazioni fiscali più apprezzate in Italia e all’Estero, che hanno fatto da volano anche al processo culturale e di valorizzazione del patrimonio di beni materiali e immateriali presenti in azienda. Il futuro, anche a livello internazionale vedranno come protagonisti i cosiddetti Pillar 1 e 2, la global minimum tax e c’è da considerare che la presenza di Ip nei vari Stati sarà uno dei presupposti rilevanti per la localizzazione dei redditi con conseguente possibilità di una maggiore tassazione ed incremento di gettito per i Paesi che avranno saputo attirare e preservare Ip nei propri confini nazionali. I costi di R&S non sono altrettanto indicatori di questa capacità, al di là del fatto che, come ha avuto modo di osservare il segretario generale dell’Ocse nel «Tax Report to G20 Finance Ministers and Central Bank Governors, Italy October 2021» effettivamente gli incentivi basati sui costi anziché sui ricavi possono aumentare la probabilità di generare investimenti aggiuntivi. In Italia avevamo già il credito per R&S e non vi era alcuna necessità di sacrificare il vecchio patent box, ora il rischio è che di nuovo potremmo assistere al trasferimento di know how e tecnologia in embrione per farli prosperare in altre giurisdizioni estere, dove i benefici complessivi sono più interessanti.

- Riduzione/eliminazione di agevolazioni in corso di efficacia che creeranno certamente problemi ai business plan delle imprese, sia lato economico, sia lato finanziario. Chi ha usufruito del patent box in autodichiarazione rischia addirittura di aver fatto insufficienti pagamenti d’imposta a saldo e in acconto ridotti per effetto del beneficio non più esistente. Non è dato sapere se si applicheranno le sanzioni.

Lo hanno denominato «Semplificazione della disciplina del patent box» ma c’è da chiedersi se sarà davvero così, auspicando chiarimenti immediati e non dopo la conversione, come peraltro sembra emergere dalla volontà del Governo registrata nell’articolo in alto.

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