Professionisti, corsa a ostacoli per la deducibilità dei compensi ai familiari
La deducibilità dei compensi corrisposti dai lavoratori autonomi nei confronti di propri familiari soggiace alle limitazioni previste dal comma 6-bis dell’articolo 54 del Tuir , rispondenti a una finalità antielusiva. Nello specifico il trattamento fiscale dei costi in esame dipende dalla forma di inquadramento dell’attività lavorativa e dalla natura del rapporto di parentela.
Il comma 6-bis dell’articolo 54 del Tuir stabilisce che non sono ammessi in deduzione i compensi per il lavoro prestato o l’opera svolta dal coniuge, figli, affiliati o affidati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro, nonché dagli ascendenti del professionista. La stessa norma prevede l’indeducibilità dei costi anche qualora i compensi vengano corrisposti ai predetti familiari in rapporto di parentela con gli associati di un’associazione professionale e stabilisce che i compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti. La norma non trova applicazione qualora l’onere siano corrisposto a figli, affiliati o affidati che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età.
Come precisato dal ministero delle Finanze nella circolare 25/E del 6 febbraio 1997 , la disposizione si riferisce esclusivamente ai costi sostenuti in base a un rapporto di lavoro dipendente, di collaborazione coordinata e continuativa, oppure per prestazioni di collaborazione occasionale.
Non possono dunque essere dedotti dal reddito professionale i compensi corrisposti a familiari sulla base dei nuovi contratti di prestazione occasionale (Cpo) recentemente disciplinati dall’ articolo 54-bis del Dl 50/2017 .
L’indeducibilità riguarda anche gli eventuali accantonamenti di quiescenza e previdenza effettuati nei confronti dei familiari, mentre restano integralmente deducibili i contributi obbligatori previdenziali e assistenziali versati.
Dall’esame della normativa risulta evidente la disparità di trattamento che persiste rispetto ai criteri di tassazione dei compensi corrisposti ai familiari nell’ambito dell’impresa familiare. In base all’articolo 5 comma 4 del Tuir è infatti possibile, nel rispetto delle condizioni ivi stabilite, imputare ai collaboratori familiari i redditi dell’impresa familiare (articolo 230-bis del Codice civile) entro il limite del 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi del titolare. Tale possibilità è subordinata al fatto che il collaboratore familiare abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa.
Nessuna limitazione pregiudiziale della deducibilità è invece prevista per i compensi erogati al coniuge o ai familiari per prestazioni di lavoro autonomo o professionale di cui all’articolo 53 del Tuir. In sostanza, il regime di indeducibilità assoluta non riguarda i compensi corrisposti ai familiari titolari di partita Iva con riferimento alle prestazioni rese nello svolgimento della propria attività professionale. Ovviamente, in quest’ultimo caso, la deducibilità del costo risulterà comunque subordinata alla sussistenza del requisito di inerenza previsto dall’articolo 54 del Tuir.
Nella circolare 25/E/1997 il ministero delle Finanze, a sostegno di tale tesi, ha precisato che la norma, nel prevedere l’indeducibilità dei compensi, fa riferimento al «lavoro prestato» ed all’ «opera svolta». E tali locuzioni non sono riferibili ai lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, poiché questi ultimi non svolgono un’opera per conto terzi ma prestano autonomamente a terzi determinati servizi.
I suddetti compensi vanno indicati nel rigo RE12 del modello Redditi («Compensi corrisposti a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale o artistica») salvo il caso in cui, pur essendo inerenti, non rappresentino spese afferenti l’attività svolta dal committente, nel qual caso devono essere indicate nel rigo RE19 (ad esempio il compenso corrisposto al coniuge commercialista per la tenuta della contabilità Iva).