I temi di NT+Modulo 24

Professionisti e società di servizi, l’abuso del diritto finisce in fuorigioco

Non c’è elusione quando il contribuente si pone nelle condizioni per fruire di un vantaggio fiscale previsto dal sistema attraverso operazioni legittime

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di Dario Deotto

Quando, attraverso operazioni legittime, il contribuente si pone nelle condizioni per fruire di un vantaggio fiscale previsto dal sistema, non si può in alcun modo determinare abuso del diritto. La configurabilità di un legittimo risparmio d’imposta rappresenta, in sostanza, una condizione che va a completare in negativo i presupposti richiesti per configurare l’abuso.

Ancora casi di abuso del diritto in relazione ai rapporti tra professionista e propria società di servizi. Ci è stata segnalata una sentenza - Ctp Ancona, sezione 2, n. 525/2021, depositata il 19 novembre scorso - in cui è stata stabilita l’«abusività» dei rapporti tra un avvocato e una società partecipata dallo stesso legale e da suoi familiari. La società addebitava allo stesso avvocato una serie di spese, tra cui quelle relative all’immobile - acquistato dalla società - relative allo studio in cui l’avvocato svolge la sua attività professionale.

Legittimo risparmio d’imposta e abuso del diritto

L’articolo 10-bis della legge 212/2000 stabilisce che si realizza legittimo risparmio d’imposta, e quindi non abuso del diritto, quando il contribuente adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni cui il sistema espressamente accorda un trattamento fiscale di maggior favore rispetto ad altri. Quando, appunto, è il sistema stesso che offre l’alternativa fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata.

La configurabilità di un legittimo risparmio d’imposta rappresenta, in sostanza, una condizione che va a completare in negativo i presupposti richiesti per configurare l’abuso del diritto. L’abuso del diritto, infatti, non può che essere individuato per esclusione: esso inizia dove finisce il legittimo risparmio d’imposta e quando il vantaggio indebito conseguito non è ascrivibile all’evasione.

L’altra condizione in negativo, difatti, per individuare ipotesi di abuso del diritto, risulta quella dell’evasione (comma 12 dell’articolo 10-bis). Quando si agisce contra legem non vi può essere elusione (abuso del diritto). Nell’evasione rientrano anche fenomeni di simulazione, di dissimulazione, di interposizione fittizia.

Nella sentenza richiamata, di fatto, si disconosce l’esistenza della società di servizi, come se questa fosse «interposta». Occorre però rilevare che l’interposizione (fittizia), oltre a dover essere provata dall’ufficio anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, è un’ipotesi ascrivibile all’evasione.

La sensazione è quindi che, nonostante la norma sull’abuso del diritto, proseguano le “commistioni” - oggi non più tollerabili - tra evasione e abuso del diritto, ma soprattutto non venga riconosciuto che, quando attraverso operazioni legittime il contribuente si pone nelle condizioni per fruire di un vantaggio fiscale previsto dal sistema, non si può in alcun modo determinare abuso del diritto.

Va infatti disattesa l’idea che l’elusione si realizzi attraverso un abuso delle forme giuridiche finalizzato a sottrarre una certa operazione al suo regime naturale. Se l’ordinamento prevede più opzioni, più percorsi giuridici, non può essere contestata la scelta fatta dal contribuente, proprio perché, nell’elusione, la forma giuridica risulta legittima. È il vantaggio fiscale che risulta illegittimo.

Così che, se è il sistema stesso a prevedere questa opzione, la scelta del contribuente di avvalersene ponendo in essere i relativi presupposti non può configurare affatto abuso del diritto, anche quando la scelta è stata motivata da esclusive ragioni fiscali.

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