Controlli e liti

Professionisti e studi locati, le regole incerte alimentano le liti

Sotto la lente chi costituisce una società per acquistare l’immobile e auto-affittarlo. Conclusioni opposte se si ravvisano o meno le ragioni extra-fiscali a supporto

di Giorgio Gavelli

È illecito il comportamento del professionista che, anziché acquistare direttamente l’immobile da adibire a studio, costituisce una società immobiliare (eventualmente assieme ai familiari) che lo acquisisce e glielo concede in locazione? Da tempo l’agenzia delle Entrate riconduce questa fattispecie al cosiddetto “abuso di diritto”, contestando la deduzione del costo per la locazione (e, talvolta, anche dell’Iva detratta in corrispondenza) in capo al professionista (naturalmente senza “stornare” il parallelo introito imponibile e l’Iva versata dalla società immobiliare).

Ragioni extra-fiscali

Lo scorso luglio la Corte di cassazione (con l’ordinanza 23135/2022) ha disatteso questa interpretazione, confermando il giudizio della Ctr Lombardia (decisione 4996/21/2019) e distaccandosi da un precedente di tutt’altro contenuto (ordinanza 6528/2013). La differente conclusione non deve sorprendere, poiché, se il ragionamento viene radicato nell’ambito del possibile abuso di diritto, l’esame delle singole fattispecie può portare a risultati diametralmente opposti, a seconda che venga ravvisata o meno la presenza di “ragioni extra-fiscali” tali da giustificare l’operazione.

Si tratta di un terreno quanto mai scivoloso e lontano dagli approfondimenti dottrinali (si veda Il Sole 24 Ore del 5 settembre), che riconducono la patologia di queste vicende (ove provata) non all’elusione quanto, piuttosto, all’evasione, nelle forme della simulazione/dissimulazione, dell’interposizione fittizia o dell’antieconomicità (ad esempio nel caso in cui i costi addebitati al professionista risultino sproporzionati rispetto ai valori di mercato, come sembra essere avvenuto nel caso affrontato dalla Cassazione con sentenza 22579/2012).

Asimmetrie normative

Va però evidenziato che il sistema normativo è del tutto inadeguato di fronte alla casistica in esame, con asimmetrie paradossali che non fanno altro che generare problemi e contenziosi. L’articolo 54 del Tuir non contiene alcun divieto esplicito di ammortamento degli immobili strumentali (ossia, a norma dell’articolo 43, quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione). Anzi, al comma 2 si precisa che, analogamente alle imprese, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili va scorporato l’importo attribuibile al terreno sottostante e pertinenziale (in base ai commi 7 e 7-bis, articolo 36, del Dl 223/2006).

Tuttavia, si è ritenuto di “integrare” il dato normativo collegando la deducibilità dell’ammortamento alla rilevanza (ai fini del reddito professionale) delle plus/minusvalenze in caso di cessione, finendo per riconoscere come deducibile solo l’ammortamento degli immobili acquistati fino al 14 giugno 1990 oppure nel triennio 2007-2009 (circolare 38/E/2010, paragrafo 3.2). Viene quindi considerato ancora attuale il comma 335 dell’articolo 1 della legge 296/2006, nonostante le norme di riferimento siano state, nel frattempo, modificate (si veda la ricostruzione dell’evoluzione della disciplina nello studio Cndcec/Fnc del 25 luglio 2019). In particolare, per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2014, l’articolo 1, comma 162, della legge 147/2013 ha inserito nel testo del comma 2 dell’articolo 54 la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria sostenuti dal professionista per gli immobili strumentali, con la condizione di rispettare un periodo minimo di dodici anni.

Leasing finanziari

Nonostante da sempre anche la stessa Agenzia riconosca la sostanziale riconducibilità del leasing finanziario a una forma di acquisto del bene, con la conseguenza che “tendenzialmente” le due forme giuridiche devono avere lo stesso trattamento fiscale, anche in tempi relativamente recenti (risposte al videoforum del Sole 24 Ore del 24 maggio 2018) le Entrate hanno ribadito «per ragioni di simmetria fiscale» l’indeducibilità delle quote di ammortamento degli immobili strumentali per il professionista, tranne nei casi in cui sia imponibile la plusvalenza in caso di cessione (si veda anche Dre Piemonte, risposta a interpello 901-209/2021).

Per gli stessi motivi è stata ritenuta elusiva (risposta a interpello 742/2021) l’operazione di cessione da parte del professionista del contratto di leasing a una Newco, interamente partecipata dal cedente, a un prezzo di gran lunga inferiore al valore di mercato, seguita dalla stipulazione di un contratto di locazione tra la Newco e l’associazione professionale di cui faceva parte il professionista. E si è ricondotto alla “cessione di elementi immateriali” di cui al comma 1-quater dell’articolo 54 il corrispettivo derivante al professionista dalla cessione di un contratto di leasing immobiliare (risposta a interpello 209/2020; in senso contrario, circolare Cndcec 1/IR/2008).

Va ricordato che, seguendo la tesi delle Entrate, l’immobile strumentale che non ha determinato quote di ammortamento o canoni di locazione finanziaria deducibili nel reddito professionale produrrebbe presumibilmente reddito imponibile solo qualora ceduto entro cinque anni dalla sua acquisizione, non nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo ma in quelli “diversi”, ex articolo 67, comma 1, del Tuir, alla stregua di un immobile rientrante nella sfera privata.

LE PRONUNCE DEI GIUDICI

L’onere di provare l’elusione ricade sull’amministrazione
Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo. Va va esclusa l’abusività quando sia ravvisabile una compresenza, non marginale, di ragioni extra-fiscali, non identificabili necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, potendo rispondere a esigenze di natura organizzativa e consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda (sentenza 31772/2019). Nel caso di specie, la Ctr ha posto in rilievo le apprezzabili ragioni economiche che giustificavano l’operazione posta in essere.
La prova del disegno elusivo, nonché delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull’amministrazione finanziaria (sentenze 21390/2012 e 3938/2014).
Cassazione, ordinanza 23135/22 (in passato: sentenza 3198/2015)

Società priva di attività
È ravvisabile palese intento di evasione o elusione del professionista che detragga, sotto forma di canone di affitto, il costo di acquisto in leasing di immobile per l’esercizio dell’attività professionale, non previsto per i liberi professionisti, acquistando l’immobile attraverso una società costituita dallo stesso professionista e suoi familiari, la quale a sua volta conceda l’immobile in locazione allo stesso professionista, qualora siano accertati: la sostanziale mancanza di attività della società; il carattere strettamente familiare; la riscossione del canone; il pagamento del leasing; la misura analoga del primo rispetto a quella del secondo.
Cassazione, ordinanza 6528/2013

Addebito di costi non coerenti
Il professionista non può, a suo piacimento, imputare a titolo di costi dell’attività professionale oneri che appaiono incoerenti rispetto allo strumento negoziale utilizzato per avere a disposizione un bene strumentale all’esercizio professionale e ipotetici rispetto all’esercizio dell’attività. Ammettendo il contrario si finirebbe col legittimare il professionista a condizionare a suo piacimento i risultati delle dichiarazioni dei redditi in relazione a scelte individuali che devono comunque sottostare alle regole di inerenza che l’ufficio ha il compito di verificare.
Cassazione, sentenza 22579/2012

Libertà di scelta del regime e dichiarazione dei canoni
L’analisi sulla realizzazione di vantaggi fiscali indebiti deve muovere da una disamina delle finalità delle norme fiscali e dei principi dell’ordinamento tributario, dal momento che è solo in relazione a quelli che si potrà definire indebito o meno un vantaggio fiscale, essendo pacificamente ammessa nel nostro ordinamento la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale, compresa la scelta della soluzione fiscalmente meno onerosa.
Nel caso qui in esame, la società ha sempre dichiarato i propri introiti, compreso il canone di affitto percepito dall’attuale ricorrente che lo ha, a sua volta, legittimamente detratto quale costo dal proprio reddito professionale.
Ctp Treviso 34/01/2021

Rapporti tra familiari
Ritenere che vi sia stata elusione per il solo fatto che vi fosse un rapporto di natura familiare è affidarsi a mere congetture o postulare che a fronte di due scelte entrambe con un contenuto economico apprezzabile il contribuente sia tenuto a privilegiare quella con il sistema fiscale più oneroso, il che verrebbe a contrastare con il principio economico e anche giuridico della economicità delle scelte imprenditoriali.
Ctr Piemonte 185/05/2019 e 962/02/2016

Sostanza economica e risparmi
La ricorrente si è limitata, come suo diritto ex comma 4, art. 10-bis, legge 212 del 2000 (...) a opzionare la via meno onerosa fiscalmente per avere disponibilità degli uffici in cui svolgere il proprio lavoro; (...) [la ricorrente] ha posto in essere un serie di operazioni che hanno una chiara sostanza economica e che le hanno permesso un risparmio d’imposta non indebito e dunque legittimo.
Ctp Reggio Emilia 12/02/2018 e 292/01/2012

Illegittima presunzione di indeducibilità
È illegittimo l’avviso di accertamento inerente l’indebita deduzione di taluni costi, da parte dell’esercente la professione di commercialista, laddove l’ufficio abbia formulato illegittime presunzioni ritenendo che i canoni di locazione, pagati alla società immobiliare della quale il ricorrente risulti socio di maggioranza, unitamente alla coniuge, siano da considerarsi indeducibili perché pagati a se stesso. Orbene, detta presunzione viola il principio di insindacabilità delle scelte imprenditoriali in diritto tributario.
Ctp Ancona 1736/01/2016

Acquisti da parte dei coniugi
Un professionista e la consorte sono liberi di comprare l’immobile ove verrà svolta l’attività del primo utilizzando una società da loro formata - con il risultato di diversificare gli investimenti familiari e separare un capitale dal lavoro svolto.
Ctr Veneto 267/02/2017 e 1141/12/2016

Dichiarazioni inviate nei tempi
La Commissione rileva come la società (...) abbia regolarmente presentato - circostanza questa ammessa anche dall’ufficio - le proprie dichiarazioni fiscali: quanto da ultimo scritto conferma che, nel caso di specie, non vi è stata sottrazione di imponibile, ma, semplicemente, la scelta di un regime impositivo meno oneroso.
Ctp Alessandria 386/01/2016

Acquisto da parte di associazione professionale
È legittimo l’acquisto dell’immobile da parte dei liberi professionisti facenti parte di un’associazione professionale attraverso una società di capitali da costoro partecipata, che poi lo conceda in locazione a favore della medesima associazione professionale di cui questi fanno parte, potendo il possibile vantaggio fiscale essere limitato ai costi di locazione dedotti e non anche ai corrispettivi pagati dalla società immobiliare per canoni di leasing.
CT II° grado Bolzano 6/01/2014

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