Pronti contro termine di tipo attivo: differenziali negativi totalmente deducibili
Nei contratti di pronti contro termine “attivi”, stipulati con finalità di impiego del capitale, gli eventuali differenziali negativi hanno la funzione di ricondurre il rendimento dell’operazione a quello previsto contrattualmente tra le parti. Pertanto, non avendo la funzione di remunerare la raccolta di capitale, tali differenziali non costituiscono interessi passivi o oneri ad essi assimilati e non subiscono limitazioni di deducibilità ai fini fiscali. È quanto affermato dalla Ctr del Piemonte con la sentenza 729/7/2018 (presidente Galasso, relatore Borgna), che conferma integralmente la pronuncia di primo grado (Ctp Torino 1997/10/2016, commentata su Norme e Tributi del 19 gennaio 2017).
Nel 2009 una banca, per porre in essere una operazione di investimento/smobilizzo di liquidità, acquistava a pronti titoli da un terzo, il quale sua volta si impegnava a riacquistarli a termine ad un prezzo prestabilito. A chiusura dell’operazione, emergeva per la banca un differenziale negativo, derivante dalla somma algebrica tra prezzo di rivendita e prezzo di acquisto al netto degli interessi attivi maturati sui titoli durante l’operazione (i quali si erano rivelati superiori a quelli pattuiti tra le parti, in caso contrario sarebbe emerso un differenziale positivo). La banca non attribuiva autonoma rilevanza fiscale a tale differenziale negativo, iscrivendolo in conto economico a rettifica degli interessi attivi e proventi assimilati derivanti dall’operazione di impiego. Secondo la tesi dell’agenzia delle Entrate, questo differenziale costituirebbe invece un onere finanziario assimilato agli interessi passivi, cui troverebbe applicazione il regime fiscale previsto dall’articolo 96, comma 5, del Tuir (nella versione pro tempore vigente), con conseguente deducibilità limitata nella misura del 96 per cento.
La tesi dell’Agenzia viene tuttavia respinta sia dai giudici di primo grado sia dalla Ctr, con motivazioni nella sostanza analoghe. Viene in particolare rilevato che, sotto un profilo funzionale, nelle operazioni di pronti contro termine “attive” l’acquirente a pronti assume la posizione di soggetto finanziatore, pertanto gli eventuali differenziali negativi che dovessero emergere a suo carico a chiusura dell’operazione non possono avere natura di interessi passivi o oneri assimilati, in quanto non vengono corrisposti a fronte di un’operazione di raccolta di capitale ma, al contrario, di un suo impiego.
Tali differenziali hanno quindi la sola funzione di ricondurre il provento dell’investimento all’ammontare contrattualmente pattuito tra le parti per il periodo di prestito dei titoli. Ciò risulta ulteriormente confermato dai principi contabili di riferimento, di cui la banca ha fatto corretta applicazione. In particolare, sotto il profilo contabile rientrano nella categoria degli oneri finanziari solamente quelli derivanti dalla raccolta di capitale e non quelli eventualmente sostenuti a fronte dell’impiego dello stesso; questi ultimi vengono iscritti nel conto economico a rettifica degli interessi attivi e proventi assimilati e non ad aumento degli interessi passivi e oneri assimilati.
Ctr Piemonte, la sentenza 729/7/2018