Imposte

Slittano l’esenzione Iva e il regime di favore per gli enti minori

Le nuove regole Iva risparmiavano le realtà con ricavi fino a 65mila euro

di Raffaele Rizzardi e Gabriele Sepio

Regime Iva degli enti associativi, rinvio delle nuove regole con luci e ombre. La proroga di due anni prevista dalla legge di Bilancio 2022 da un lato concede più tempo per una revisione della norma ma finisce con il travolgere anche le disposizioni di favore riferite a organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione sociale (Aps) che avrebbero potuto trovare immediata applicazione.

La revisione del trattamento Iva delle entrate degli enti associativi risponde ad una procedura di infrazione avviata dalla Commissione Ue dal 2009. Come segnalato in precedenti interventi, il decreto fisco-lavoro ha modificato il trattamento Iva delle prestazioni di servizi e cessioni di beni effettuate in conformità alle finalità istituzionali da parte delle realtà non profit (associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica).

Le entrate oggetto di revisione sono i corrispettivi specifici e le quote supplementari provenienti da soci, associati o partecipanti nonché la somministrazione di alimenti e bevande da parte delle Aps. Una disposizione normativa che, nell’ottica di fornire una risposta alla procedura di infrazione, ha previsto, dunque, l’attrazione in campo Iva, sia pure in regime di esenzione, di alcune delle principali operazioni poste in essere dalle realtà non profit per finanziare gli scopi sociali. Tuttavia, come anticipato, restano escluse da questa modifica le sole Odv e Aps (categorie dotate della qualifica di ente del terzo settore) con ricavi annui non superiori a 65mila euro a cui si applicheranno le disposizioni concernenti il regime forfettario previsto per i professionisti e le imprese minori. Fino al predetto limite, dunque, le entrate potranno essere escluse dal campo di applicazione dell’imposta consentendo a numerosi enti di minori dimensioni di evitare l’apertura della partita Iva per lo svolgimento di attività commerciali residuali.

Una scelta che, prima del rinvio al 2024 dell’efficacia delle nuove disposizioni, aveva come scopo quello di anticipare il trattamento Iva previsto all’articolo 86 del Codice del terzo settore (Dlgs 117 del 2017). Disposizione, quest’ultima, che prevede l’esclusione dal campo di applicazione dell’Iva delle entrate commerciali di Odv e Aps fino al limite di 130 mila euro e che attende il vaglio della Commissione europea. La proroga di due anni intervenuta con la legge di bilancio rende, dunque, di fatto inapplicabile la misura di favore per gli enti del terzo settore la cui immediata operatività potrebbe invece presentare indubbie ragioni di coerenza sistematica oltre che di opportunità sul piano strettamente operativo. Ciò infatti consentirebbe ad Odv e Aps di mettersi fin da subito alla prova con i regimi forfettari introdotti dal Codice del terzo settore applicando una soglia, quale quella dei 65mila euro, peraltro già approvata da parte della Commissione europea con riferimento a professionisti e imprese minori che beneficiano attualmente della esclusione dall’Iva e dai relativi adempimenti entro i limiti quantitativi sopra indicati.

Restano, invece, con riferimento alla parte relativa alla riformulazione del regime Iva, da sciogliere alcuni nodi importanti che, in vista della proroga al 2024, dovranno essere attentamente analizzati. Un primo aspetto riguarda la necessità di comprendere quali siano effettivamente i corrispettivi specifici che passeranno nel “nuovo” regime di esenzione Iva. Occorrerà tenere conto, in altre parole, di quei corrispettivi che rispettino il principio di “economicità” come effettiva idoneità a rimborsare i fattori della produzione impiegati, in linea con l’articolo 132 della Direttiva Iva. Da valutare, inoltre, il trattamento riservato alle operazioni svolte in via occasionale e che, a rigore, non dovrebbero essere attratte nel campo Iva in mancanza del presupposto soggettivo dell’abitualità.

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