Imposte

Proroga dello split payment, Confindustria: così si soffocano le imprese

Ance: un furto di liquidità. Fonti Mise: uno strumento da mettere in discussione

di Giorgio Pogliotti

La proroga dello split payment fino al 30 giugno del 2023 ottenuta dal governo italiano è stata accolta da un coro di critiche dal mondo delle imprese. Da Confindustria ai costruttori edili dell’Ance, ai costruttori ferroviari di Anceferr si sono sollevate voci contrarie alla proroga concessa dalla Commissione Ue del meccanismo che consente alle pubbliche amministrazioni di versare direttamente l’Iva all’Erario, bypassando le imprese fornitrici di beni e servizi per la Pa.

«La conferma che lo split payment continuerà fino al 30 giugno 2023, affidata oggi a un comunicato stampa del ministero dell’Economia e delle finanze, ci lascia molto perplessi» sostiene Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria con delega al credito, alla finanza e al fisco, «ci attendevamo un passo indietro». Orsini evidenzia che «l’atteggiamento ondivago e contraddittorio del Governo è destabilizzante perché da una parte vara misure per garantire liquidità alle imprese, mentre con l’altra conferma strumenti che rischiano di soffocarle».

Duro anche il presidente Ance, Gabriele Buia: «Questa volta la misura è colma. La pazienza delle imprese è finita – sostiene –. Si sta perpetrando un furto di liquidità alle imprese in un momento drammatico come questo, per giunta sulla base di dati sbagliati sui tempi dei rimborsi».

Buia annuncia un «controrapporto che si basa sui dati reali forniti dalle imprese» che mercoledì l’associazione dei costruttori presenterà al ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, per ribadire la richiesta di «fermare questa incredibile ingiustizia». I dati raccolti da Ance, preannuncia Buia dimostrano che «siamo ben oltre la media dei 74 giorni indicata dal Governo italiano. Questo conteggio è falsato perché parte della richiesta di rimborso, cioè in media 3 mesi e mezzo dopo che le imprese non ricevono l’Iva. Quindi i 74 giorni sono solo un pezzo del tempo di attesa. Le imprese sono costrette il più delle volte ad attendere mesi e mesi prima di poter tornare in possesso di una importante liquidità». La misura è stata concepita in origine per contrastare l’evasione di Iva, ma lo Stato, ricorda ancora Buia «ha tutti gli strumenti e i controlli necessari per colpire possibili evasori, come dimostrano anche i recenti dati positivi dell’agenzia delle Entrate sul recupero dell’evasione grazie alla fatturazione elettronica», rivolgendo un appello al Governo e alle forze politiche di maggioranza che «in gran parte, si sono pronunciate a favore della soppressione di questa misura iniqua di fermare la proroga».

Una sponda sembra arrivare dal ministero dello Sviluppo economico. Secondo fonti del Mise lo split payment è «uno strumento da mettere in discussione quanto prima, specialmente per alcuni settori come l’edilizia», l’adozione della fatturazione elettronica «lo ha reso un orpello vessatorio per le imprese».

Da parte dell’associazione nazionale dei costruttori ferroviari si sottolinea che «mentre le divergenze nella maggioranza rimandano di giorno il giorno l’ok al Dl Semplificazioni, la prassi di ostacolare le imprese che rispettano le regole non cambia». Anceferr «è contraria, come del resto l’intero tessuto imprenditoriale italiano, a prescindere dalle dimensioni, alla proroga dello split payment». Con questo meccanismo «non soltanto le aziende hanno meno liquidità a disposizione, ma sono anche gravate da un ulteriore adempimento: dopo aver emesso fattura devono pure preoccuparsi di riscuotere l’Iva direttamente dall’Erario senza poterla compensare con altri acquisti di beni o servizi. In un momento così difficile per l’economia, mentre le imprese tentano di riprendersi dopo mesi di stop, arrivano ulteriori aggravi».

Il meccanismo di scissione dei pagamenti, introdotto con la legge di Stabilità del 2015, nel primo anno di applicazione ha fatto lievitare del 5,7% il gettito Iva relativo alle pubbliche amministrazioni che lo hanno utilizzato, poi il campo di applicazione è stato ridotto nel 2018 con il decreto Dignità che ha previsto l’esclusione dei professionisti.

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