Contabilità

Quel controllo sugli scambi «transitorio» da 25 anni

di Raffaele Rizzardi

Il nostro Paese si è sempre distinto nella richiesta di informazioni ridondanti, che generano costi alle imprese, senza che il livello di compliance fiscale possa ritenersi accresciuto. Il caso con cui ci confrontiamo dall’inizio del 2018 riguarda gli Intrastat acquisti, che le direttive comunitarie non hanno mai prescritto, in quanto sia per i beni sia per i servizi richiedono solo la rilevazione delle operazioni attive. Pochissimi Stati, tra cui l’Italia, avevano imposto la rilevazione anche degli acquisti, che il sistema Vies non ha però mai recepito. Se l’amministrazione finanziaria di uno Stato ha dei dubbi sull’entità degli acquisti di beni o servizi fatti da un proprio contribuente, può interrogare la banca dati europea per conoscere questo dato, rilevato come contropartita di chi ha venduto i beni o ha reso una prestazione.

Dopo la convulsa abolizione e immediata reintroduzione di questo obbligo a cavallo tra il 2016 e 2017, abbiamo adesso nuove regole, che sono state declinate in provvedimenti delle Entrate, delle Dogane e dell’Istat. La formulazione di questi atti ha però creato alcuni aspetti di incompleto coordinamento. Le regole fondamentali per la compilazione dei modelli Intrastat sono infatti contenute nel Dm 22 febbraio 2010, adottato in prossimità della prima scadenza mensile per i nuovi adempimenti relativi alle operazioni sui servizi intracomunitari. Nella vigente normativa delle Finanze, questo decreto non risulta sia stato mai modificato, in quanto le innovazioni che lo riguardano vanno estrapolate dal provvedimento sopra indicato, in data 25 settembre 2017.

Questa tecnica di adeguamento normativo aveva però generato un dubbio rilevante: i nuovi obblighi sono limitati alle finalità statistiche per i soggetti di maggior dimensione, liberando così quelli che si sono magari imbattuti in un micro-acquisto di servizi online, come l’aggiornamento dell’antivirus o l’acquisto di un programma standardizzato per elaboratore. Ma in quel momento erano vigenti le istruzioni del 2015 per la compilazione dei modelli, in cui si escludeva la compilazione dei dati fiscali quando il modello era presentato solo ai fini statistici. Il dilemma è stato chiarito con la ripubblicazione del testo completo delle istruzioni, avvenuta l’8 febbraio 2018: la presentazione degli Intrastat acquisti avviene solo per finalità statistiche e al supero di determinate soglie, ma i modelli vanno presentati compilando tutte le colonne, comprese quelle fiscali.

Siamo al venticinquesimo anno di applicazione del regime “transitorio” degli scambi di beni e servizi, che oggi dovremmo chiamare intraunionali e non più intracomunitari. Ma siamo anche alla vigilia del possibile regime definitivo: il progetto presentato dalla Commissione europea prevede che il fornitore dovrà addebitare l’Iva del Paese in cui è stabilito il cliente estero, a meno che cliente e fornitore abbiano lo status di contribuente certificato, nel qual caso rimarrebbe fermo il criterio del reverse charge a destinazione. E ovviamente cambierà il sistema di controllo per la regolarità di queste operazioni.

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