Quote con pagamento differito: uno spiraglio per trattare gli oneri finanziari come interessi
Resta aperto il fronte sulla possibilità di applicare agli oneri la disciplina dell’articolo 96 del Tuir
Con la risposta a un quesito fornita il 3 dicembre scorso l’Organismo italiano di contabilità ha chiarito le condizioni alle quali una partecipazione societaria può intendersi immobilizzata, chiarendone altresì il periodo minimo da soddisfare per integrare il mantenimento dello strumento finanziario acquisito per un “prolungato” periodo di tempo (principio contabile Oic 21, paragrafo 10).
Questo chiarimento è quanto mai attuale, anche considerando gli effetti fiscali conseguenti a deal riguardanti partecipazioni acquistate con un pagamento differito del prezzo: circostanza peraltro molto diffusa per i trasferimenti di pacchetti partecipativi di controllo. Infatti, la differenza tra il maggiore valore nominale di acquisto della partecipazione e il relativo valore attualizzato contabile di iscrizione rappresenta un onere avente natura finanziaria rilevato a conto economico per tutto il periodo di durata del debito contratto per l’acquisto della partecipazione.
In particolare, ci si interroga se tale onere presenta i requisiti richiesti per essere qualificato come interesse passivo ai fini delle imposte sui redditi. Tale indagine interessa anche i soggetti Oic adopter, in seguito all’estensione del principio di «derivazione rafforzata» nei riguardi di questi ultimi soggetti (articolo 83, comma 1-bis, Tuir).
La tesi dell’associazione dei commercialisti
L’Aidc (nota n. 203/2018) ritiene che gli oneri derivanti dall’attualizzazione del costo di acquisto di una partecipazione societaria non rappresentino interessi passivi, in base all’articolo 96 del Tuir. A parere dell’associazione dei dottori commercialisti, infatti, il principio di «derivazione rafforzata» sarebbe derogato dall’articolo 3, comma 3, del Dm 1 aprile 2009, n. 48 (primo decreto Ias), secondo cui il regime fiscale è identificato tenendo conto degli elementi giuridici (e non contabili) per le operazioni riguardanti partecipazioni societarie (deroga che opera anche nei confronti delle imprese che adottano i principi contabili Oic per effetto dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del Dm 3 agosto 2017).
Inoltre, l’Aidc tiene conto del chiarimento dell’agenzia delle Entrate fornito con la risoluzione n. 29/2015, in cui il trattamento contabile di una «joint operation» (principio Ifrs 11 «Joint arrangements») è stato disconosciuto ai fini delle imposte sui redditi, con l’effetto che, nella determinazione del reddito imponibile ad essere riconosciute non devono essere le componenti di reddito delle attività e passività contabilizzate ma quelle relative alle quote di partecipazione giuridicamente acquisite.
La posizione «possibilista»
Una tesi alternativa - che chi scrive condivide - è quella di ritenere applicabile la qualificazione di interessi passivi ai fini delle imposte sui redditi (e, dunque, la disciplina prevista dall’articolo 96 citato) agli oneri finanziari che saranno rilevati in bilancio sul valore di partecipazioni societarie il cui prezzo di acquisizione è stato oggetto di pagamento differito. Tale posizione poggia sulle seguenti motivazioni.
In primo luogo, le disposizioni previste dall’articolo 3, comma 3, del Dm 48/2009 sono state introdotte per disciplinare quei trasferimenti di partecipazioni societarie tra soggetti che, applicando regimi contabili differenti, ben potevano dar luogo ad anomalie nel riconoscimento di alcuni istituti fiscali (ad esempio regime di participation exemption e sostanziale esclusione dei dividendi). In altre parole, potevano manifestarsi trasferimenti partecipativi che, per effetto di una asimmetrica rilevazione contabile adottata dalle parti dell’operazione, attribuivano a entrambi i soggetti il diritto alla sostanziale esclusione da imposizione dei dividendi (Assonime, Guida all’applicazione dell’Ires e dell’Irap per i soggetti Ias-adopter, maggio 2011).
L’ambito oggettivo dell’articolo 3, comma 3, in commento, dunque, dovrebbe essere compreso all’interno di questa ratio, e riguardare soltanto le ipotesi in cui, per un’operazione su partecipazioni, si determina una divergenza tra il dato contabile e quello giuridico (Assonime, circolare 15/2018).
Inoltre, l’oggetto della risoluzione n. 29/2015 richiamata dall’Aidc non sembrerebbe rappresentare una ipotesi analoga (in termini di operazione legittimante la deroga alla “derivazione rafforzata” prevista dall’articolo 3 in commento) a quella dell’acquisto di partecipazione societaria con pagamento differito del prezzo. Infatti, nella fattispecie oggetto chiarimento da parte dell’agenzia delle Entrate viene acquistato uno strumento finanziario avente i requisiti previsti dall’articolo 44, comma 2, lettera a) del Tuir (quindi uno strumento partecipativo, in base all’articolo 5 del Dm 8 giugno 2011) ma in contabilità l’acquirente della partecipazione rileva (in luogo degli stessi strumenti finanziari) le attività nette della società le cui partecipazioni sono oggetto di acquisizione (società “trasparente” ai fini Ifrs 11 in quanto si tratta di joint operations).
Pertanto, si ritiene condivisibile il chiarimento espresso nella citata risoluzione, in quanto la stessa Agenzia è stata chiamata a pronunciarsi su una fattispecie caratterizzata da un trasferimento di partecipazione per il quale si è manifestata una divergenza tra il dato contabile (rilevazione di attività e passività della società di cui si sono acquisite le partecipazioni) e quello giuridico (acquisizione di quote di partecipazioni e non di un ramo aziendale), e, conseguentemente, è stato corretto negare gli effetti della «derivazione rafforzata» applicando l’articolo 3, comma 3, in commento. Divergenza che non si verifica nel caso di acquisto di partecipazione con pagamento differito del corrispettivo, in quanto vi è coincidenza tra il dato contabile (cancellazione della partecipazione dal bilancio del cedente ed iscrizione della medesima partecipazione nel bilancio del cessionario) e quello giuridico (trasferimento della partecipazione tra i citati soggetti in base ad un atto di cessione).
Infine, elementi utili a ritenere che l’articolo 3, comma 3, in commento debba applicarsi soltanto in presenza di trasferimenti partecipativi caratterizzati da un disallineamento tra il trasferimento contabile e quello giuridico, sarebbero presenti già all’interno della citata disposizione. Infatti, per espressa previsione normativa, la deroga al principio di «derivazione rafforzata» non opera per le operazioni su azioni proprie, la cui contabilizzazione (a riduzione del patrimonio netto dell’acquirente/emittente, e non separatamente tra gli asset aziendali) esclude a priori eventuali fenomeni di anomala imposizione originati dalla doppia recognition contabile delle partecipazioni, che, come detto, ha rappresentato il potenziale effetto anomalo fiscale che l’articolo 3, comma 3, ha cercato di contrastare.