Contabilità

Quote in pegno, poteri limitati

di Antonino Porracciolo

Il socio che ha dato in pegno la propria partecipazione sociale può chiedere l’annullamento di una delibera solo se il creditore pignoratizio era assente all’assemblea oppure si era astenuto o aveva votato contro. È questa la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di imprese (presidente Mannino, relatore Romano), nella sentenza 7330 dello scorso 12 aprile.

La causa è stata promossa da due socie di una Srl per ottenere la pronuncia di nullità o l’annullamento di una delibera che aveva approvato il bilancio del 2013. Secondo le attrici, l’atto era invalido perché l’assemblea non era stata convocata nel Comune in cui la Srl ha la propria sede e comunque perché il bilancio era stato redatto in violazione dei princìpi di veridicità, chiarezza e correttezza. Dal canto suo, la società ha eccepito il difetto di legittimazione attiva delle attrici: di una, in quanto non più socia; dell’altra, perché all’assemblea aveva partecipato il creditore pignoratizio della sua quota.

Posta in decisione la causa, il Tribunale rileva che il trasferimento della partecipazione sociale della prima attrice non era stato iscritto nel registro delle imprese e dunque la cessione non era efficace verso la società; osserva quindi che sulla quota dell’altra ricorrente grava un pegno a favore di un creditore, che aveva votato per l’approvazione del bilancio. Si tratta di situazione, questa, disciplinata dall’articolo 2352 del Codice civile, per il quale, in caso di pegno sulle azioni, il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio mentre sono attribuiti sia al socio sia al creditore i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nello stesso articolo. Tra questi diritti rientra, secondo il Tribunale, anche la facoltà «di impugnare una deliberazione asseritamente invalida», il che «rende necessario un coordinamento tra la legittimazione esclusiva del creditore pignoratizio a esercitare il diritto di voto e la legittimazione concorrente di questi e del socio a impugnare la deliberazione».

Sul punto, il giudice afferma che spetta sia al socio sia al creditore l’azione di nullità, giacché per il relativo esercizio «non è necessaria neppure la qualifica di socio». Nel giudizio di annullamento, invece, la legittimazione del socio è ammessa solo se il creditore pignoratizio ha espresso voto contrario oppure si è astenuto o era assente all’assemblea; se, invece, ha votato per l’approvazione della delibera, l’impugnazione del socio non è proponibile «in quanto in contrasto con il comportamento dell’unico soggetto legittimato a esprimere il voto». Infatti, il socio, sebbene titolare della facoltà di chiedere l’annullamento della deliberazione, subisce gli effetti del voto del creditore; e del resto sarebbe illogico ammettere, per una partecipazione sociale, il voto favorevole all’approvazione di una delibera e poi l’impugnazione per l’annullamento della stessa.

In base a queste premesse, il Tribunale ha quindi affermato la legittimazione delle attrici solo per la nullità della deliberazione per vizi relativi al documento contabile. Nel merito ha respinto la domanda, giacché, in base alle conclusioni del Ctu, il bilancio contiene la «rappresentazione veritiera e corretta» della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©