Ravvedimento esteso alle condotte fraudolente
L’attuazione della nuova causa di non punibilità si basa sostanzialmente sul ravvedimento della dichiarazione contenente false fatture ovvero connotata da altri artifizi. Sinora, sia l’agenzia delle Entrate sia la Guardia di Finanza hanno sempre escluso che fosse possibile ravvedere questo tipo di violazioni. Tale posizione di chiusura è stata da ultimo ribadita nel corso del Telefisco 2018.
Essa trae origine dalla (datata) circolare 180/1998 secondo la quale con il ravvedimento operoso non si potevano regolarizzare infedeltà dichiarative riconducibili a condotte fraudolente, quali ad esempio l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
L’interpretazione particolarmente restrittiva, derivava dal tenore testuale della norma (articolo 13 del Dlgs 472/1997), secondo cui sono possibili le regolarizzazioni di «errori e di omissioni». L’amministrazione aveva escluso, quindi, che la registrazione di fatture per operazioni inesistenti potesse essere frutto di «errore o omissione».
Tuttavia, con le novità introdotte a partire dal 2000 nel sistema sanzionatorio penale, tale interpretazione sembrava superata. L’articolo 13-bis del Dlgs 74/2000 prevede infatti che le pene previste per tutti i reati tributari sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, vengono estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
Nel comma successivo è poi previsto che è possibile accedere al patteggiamento «solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso».
Il secondo comma, pertanto, ormai da anni prevedeva espressamente che il pagamento del debito tributario necessario per accedere al patteggiamento potesse avvenire anche attraverso il ravvedimento operoso. Tale norma è applicabile indistintamente per tutti i reati tributari comprese le fatture false.
Secondo la Gdf (risposta a Telefisco 2018) il ravvedimento va escluso alle ipotesi di frode a mezzo di fatture per operazioni inesistenti e alle altre fattispecie fraudolente previste dalle disposizioni penal-tributarie per l’intrinseca antigiuridicità che caratterizza queste violazioni.
È evidente che la posizione assunta dall’amministrazione in questi anni mal si concilia con il contenuto anche letterale della norma penale. Circa poi l’esclusione della regolarizzazione per la natura dolosa del comportamento, sostenuta dalla Gdf, si dimentica che tutti i reati, in quanto tali, sono connotati dal dolo. Ne consegue che se fosse stata questa l’interpretazione corretta, occorrerebbe escludere il ravvedimento per qualunque reato (ad esempio dichiarazione infedele, omessa dichiarazione ecc.), ma ciò contrasterebbe palesemente con il chiaro intento del legislatore di consentire adeguamenti spontanei da parte dei contribuenti.
Questa singolare interpretazione non è poi mutata neanche quando ad esprimersi a favore del ravvedimento della dichiarazione fraudolenta sia intervenuta la Corte di cassazione (terza sezione penale) con la sentenza 5448/2018.
Ora con le modifiche al decreto fiscale, salvo che l’amministrazione finanziaria non intenda rendere inapplicabile ciò che il legislatore ha ulteriormente chiarito essere ammissibile, non dovrebbero esserci più dubbi sull’estensione del ravvedimento anche alle condotte fraudolente.