Controlli e liti

Reato di indebita compensazione per tutti i tributi e contributi

Per la Cassazione (14763/2020) l’illecito non è limitato ai soli casi di Iva e imposte dirette

di Laura Amborsi

Il reato d’indebita compensazione riguarda qualsiasi tributo o contributo di cui è stato omesso il versamento e non soltanto le imposte sui redditi e l’Iva. A confermare questo rigoroso orientamento è la Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 14763/2020, depositata mercoledì 13 maggio.

La vicenda trae origine dal provvedimento di sequestro preventivo nei confronti del legale rappresentante di una società perché era stato omesso il versamento di debiti fiscali utilizzando indebitamente in compensazione crediti.

La misura cautelare veniva confermata anche in sede di riesame e pertanto l’indagato ricorreva in Cassazione, lamentando in estrema sintesi l’errata interpretazione della norma, poiché nella valutazione del superamento della soglia erano stati considerati debiti sia tributari, sia di altro genere (previdenziali, contributivi e per imposte locali).

La Corte di legittimità, confermando un recente orientamento sul punto, ha respinto il ricorso. In particolare, la Cassazione ha ritenuto che sebbene la norma sia introdotta nella disciplina sui reati in materia di imposte sui redditi e Iva, ha la finalità di tutelare il versamento di tributi pregiudicato dalla violazione della procedura di compensazione.

Con la riforma del 2015 sono state differenziate, sul piano sanzionatorio, le compensazioni di crediti inesistenti (punite più severamente) rispetto a crediti non spettanti.

La Consulta (sentenza n. 35/2018) ha ritenuto, diversamente dagli altri reati di omesso versamento (per Iva e ritenute), che per la condotta penalmente rilevante occorra un disvalore di azione consistente nella redazione di un documento ideologicamente falso, abusando così dell’istituto della compensazione.

Da ciò consegue che la condotta rilevante non è l’omesso versamento di per sé, bensì l’utilizzo indebito di un credito inesistente o non spettante.

La Cassazione per tali ragioni ha così ritenuto che la soglia di punibilità (50mila euro) non debba essere riferita solo alle imposte sui redditi o all’Iva, ma all’ammontare dei crediti non spettanti o inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione. L’operatività della norma è quindi legata proprio all’istituto della compensazione in tutte le sue forme e quindi sia “verticale”, afferenti cioè crediti e debiti della medesima imposta, sia “orizzontale”, relativa cioè a imposte di natura differenti.

La decisione conferma una recente pronuncia (13149/2020), ma è in contrasto con un precedente orientamento (38042/2019) secondo il quale il reato era riferibile solo alle indebite compensazioni relative alle imposte dirette e all’Iva. Allo stato attuale, quindi, qualunque compensazione superiore a 50mila euro effettuata con crediti inesistenti o non spettanti potrebbe costituire reato.

Peraltro, sebbene nella pronuncia non sia stato espressamente affrontato, dovrebbe altresì desumersi che il delitto è consumato a prescindere dall’utilizzo del modello F24. La compensazione “verticale”, infatti, non necessita di alcun modello.

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