Redditometro, i disinvestimenti provano la capacità di spesa
In presenza di un accertamento sintetico, i disinvestimenti patrimoniali realizzati nelle annualità precedenti rappresentano una efficace dimostrazione della capacità di spesa del contribuente oltre ad assumere rilevanza nell’osteggiare le presunzioni redditometriche.
A stabilirlo è la sentenza n. 983/2/2017 attraverso la quale la Ctr Piemonte, sposando l’orientamento della Suprema Corte (Cass. sent. n. 21142/2016 e n. 21464/2015), ha ratificato la decisione dei giudici della Ctp annullando un avviso di accertamento per l’anno 2006, stilato utilizzando le regole previste per l’accertamento sintetico.
L’amministrazione finanziaria aveva evidenziato delle contraddittorietà tra il reddito dichiarato dal contribuente e quello scaturente dall’applicazione dei coefficienti redditometrici, sulla base della disponibilità di beni immobili e della stima delle spese collegate al mantenimento degli stessi, mentre il soggetto aveva imbastito la propria difesa spostando l’attenzione sulla cessione di una partecipazione societaria dalla quale aveva incassato consistenti risorse finanziarie e, sul fatto che solo in seguito al perfezionamento della menzionata vendita, era stato in grado di sostenere il “rideterminato” tenore di vita e le spese effettuate negli anni successivi.
I giudici regionali piemontesi hanno condiviso la giustificazione della maggior spesa rispetto al reddito determinato sinteticamente fornita dal contribuente, individuando la sua genesi nelle disponibilità finanziarie ottenute attraverso la cessione delle quote.
La motivazione rappresentata nella sentenza risulta essere particolarmente significativa in quanto la Ctr ha riconosciuto che i «decrementi» patrimoniali, che si contrappongono agli «incrementi» patrimoniali a fronte dei quali l’amministrazione finanziaria ha titolo per presumere artificialmente un maggior reddito, rilevano quale prova contraria alle presunzioni sintetiche, con pari dignità rispetto al possesso di redditi esenti o assoggettati a cedolare secca. È di fatto innegabile che un determinato tenore di vita ha la possibilità di essere giustificato sia dal reddito e sia dal patrimonio e dalle correlate disponibilità finanziarie. A parere della Ctr non è pertanto necessario dimostrare che le spese considerate ai fini dell’accertamento sintetico siano state fronteggiate specificamente con gli importi scaturenti dai disinvestimenti.
Anche il decreto ministeriale sul redditometro ha sancito che gli incrementi patrimoniali devono essere considerati al netto dei disinvestimenti dell’anno oltre agli accrescimenti netti afferenti i quattro anni antecedenti mentre l’ufficio, attraverso la circ. n. 24/E/2013, ha esteso i periodi interessati dal monitoraggio delle risorse occorrenti per il compimento degli investimenti, in quanto viene fatto riferimento a un intervallo temporale anche superiore ai quattro anni contemplati dal Dm 24/12/2012. Infatti l’amministrazione finanziaria, nel documento di prassi menzionato, ha richiamato la “formazione della provvista” e non i “redditi dichiarati” in quanto ha ben compreso che, nella maggioranza dei casi, il reddito dichiarato dal contribuente non coincide con la sua reale capienze di spesa.
Tuttavia ciò che non risulta condivisibile della menzionata circolare è il passaggio in cui l’ufficio sostiene che il contribuente deve fornire la prova dell’impiego della provvista per l’esecuzione dell’investimento. Ciò non è accettabile in quanto il Dm ammette la nettizzazione automatica degli investimenti che, pertanto, vanno considerati al netto dei disinvestimenti dell’anno e dei quattro anni antecedenti. La conseguenza è pertanto che non è possibile fornire alcuna dimostrazione della correlazione tra una informazione che non coincide con la spesa effettiva e l’impiego della provvista.
A conferma di quanto sostenuto è opportuno menzionare la sentenza n. 6396/2014 della Suprema Corte con la quale ha sancito che non è necessaria la dimostrazione dell’effettiva destinazione dei redditi per il perfezionamento dell’investimento.
Pertanto, preso atto della natura presuntiva dell’accertamento sintetico, il contribuente non può essere chiamato a comprovare il “nesso eziologico” intercorrente tra le proprie disponibilità finanziarie e gli esborsi effettivamente realizzati nei periodi d’imposta sottoposti a verifica, ma è tenuto a fornire esclusivamente la dimostrazione della sua capacità di spesa.