Redditometro con presunzione legale e prova contraria vincolata
L’ordinanza 16868 della Cassazione: il contribuente può dimostrare gli ulteriori redditi ma deve provare che siano serviti per le spese contestate
Il contribuente è tenuto a fornire la prova contraria al redditometro, dimostrando il possesso di ulteriori redditi, mentre non può sconfessare l’accertamento dimostrando che il reddito accertabile sulla base di determinati indici di capacità contributiva e spese è nella realtà inferiore a quello stimato presuntivamente dallo strumento redditometrico. È questa l’importante conclusione raggiunta dalla Cassazione, con l’ordinanza 16868/2021, valevole anche per il nuovo redditometro applicabile dal periodo d’imposta 2016, il cui schema di decreto è attualmente in pubblica consultazione sul sito del Mef fino al 15 luglio.
La pronuncia è rilevante perché, alla notizia della prossima riattivazione del redditometro, si è subito riaccesa la questione della sua capacità probatoria, ovvero se si tratta di presunzione semplice o legale relativa. Per la consolidata giurisprudenza di legittimità, invero, non c’è alcuna questione, perché il redditometro integra una presunzione legale relativa, e una volta che l’Ufficio ha riscontrato la presenza degli indicatori di capacità contributiva, previsti dai decreti ministeriali, su cui si basa il calcolo redditometrico, null’altro è tenuto a dimostrare, mentre spetta al contribuente fornire la prova contraria (tra le molte, Cassazione 17487/2016, 930/2016, 21335/2015).
È vero che la versione previgente del redditometro consentiva al Fisco di realizzare il calcolo sulla base di «elementi e circostanze di fatto certi» (articolo 38, comma 5, del Dpr 600/1973), mentre il nuovo strumento presuntivo si basa sul «contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva» (formulazione vigente del predetto articolo 38), intendendosi per elemento di capacità contributiva «la spesa sostenuta dal contribuente» (articolo 1, comma 2, dello schema di decreto in consultazione), ma la tipologia di presunzione integrata nello strumento non cambia: si passerà, quindi, dal calcolo redditometrico basato sulla moltiplicazione di un coefficiente per il valore di auto, case, ecc., a quello basato sulla spesa (effettiva o stimata, a seconda dei casi) di tali beni o anche di altri servizi, perché le spese considerate nel nuovo decreto in consultazione sono davvero tantissime, ma ovviamente il tipo di presunzione è sempre lo stesso.
Con la Cassazione 16868/2021 è stato ribadito anche l’altro consolidato orientamento di legittimità, per cui, trattandosi di presunzione legale relativa a favore del Fisco, è il contribuente che deve fornire la prova contraria al redditometro e, anche se non è esplicitamente richiesta la prova che ulteriori redditi esenti o non soggetti a tassazione siano stati utilizzati per coprire le spese contestate col redditometro, tuttavia non è sufficiente la dimostrazione dell’esistenza di ulteriori redditi o il loro semplice transito nella disponibilità economica del contribuente, essendo invece necessario che quest’ultimo provi le circostanze sintomatiche del fatto che quegli ulteriori redditi e disponibilità siano stati utilizzati per quelle spese contestate (tra le tante, Cassazione 12889/2018, 12207/2017, 1332/2016).
Se, però, la previgente formulazione testuale dell’articolo 38, comma 6, del Dpr 600/1973 consentiva al contribuente la «facoltà di dimostrare … che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione», il nuovo strumento redditometrico sembra ampliare l’ambito della prova contraria in base al nuovo articolo 38, comma 4, del Dpr 600/1973 e all’articolo 4 dello schema di decreto in consultazione, per cui «il contribuente ha facoltà di dimostrare: a) che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta, ovvero con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, ovvero da parte di soggetti diversi dal contribuente; b) che le spese attribuite hanno un diverso ammontare».