Registro sulle cessioni d’azienda, la Cassazione conferma l’irretroattività
La nuova versione dell’articolo 20 del registro, sull’interpretazione degli atti, non può essere applicata retroattivamente in quanto non è una disposizione che interessa la collettività e non può qualificarsi come interpretativa.
A confermare questa rigorosa interpretazione, espressa meno di un mese fa (si veda il Sole 24 Ore del 30 gennaio), è sempre la Corte di cassazione con la sentenza n. 4407 depositata ieri.
Due contribuenti attraverso una molteplicità di operazioni, trasferivano un albergo di loro proprietà (mutuo, costituzione nuova società, trasferimento di quote ecc). L’Agenzia recuperava la maggior imposta di registro riqualificando la totalità delle operazioni (in base all’articolo 20 del Dpr 131/1986) come vendita immobiliare. Il provvedimento veniva impugnato, e la Ctr confermava la legittimità della pretesa del fisco. Le contribuenti ricorrevano così in Cassazione.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che la recente modifica all’articolo 20 non può avere effetto retroattivo. Secondo la Consulta (sentenza n. 232/2016) occorre non solo l’espressa previsione, ma che ci siano adeguati motivi di interesse generale. Nella specie – precisa la sentenza – la nuova norma non asseconda gli interessi del Fisco, ossia della collettività in generale, con la conseguenza che va esclusa la possibile applicazione retroattiva. Peraltro la Cassazione ha precisato che la norma introduce dei limiti all’attività di riqualificazione giuridica che prima non erano previsti e pertanto va escluso che fossero desumibili dal vecchio testo.
Viene poi affrontata l’ipotesi della natura interpretativa: il tenore testuale delle modifiche, non sembra aver meglio spiegato l’originaria volontà del legislatore, tanto meno, pare superare il «dibattito giurisprudenziale irrisolto». Va pertanto esclusa anche la natura meramente interpretativa del nuovo articolo 20, scartando così, anche sotto questo profilo, l’applicazione retroattiva.
Secondo la Cassazione, non contrasta con queste conclusioni, nemmeno la locuzione presente nella relazione illustrativa, secondo cui la nuova norma ha il compito di “chiarire” il criterio della riqualificazione: l’intervento, infatti, ha espressamente “dichiarato” di voler modificare l’articolo 20 palesando così la natura innovativa della norma. In definitiva, il nuovo articolo 20 non può essere applicato retroattivamente.
La sentenza poi precisa che tale disposizione indica i criteri di qualificazione degli atti che, di fatto, non si discostano dalle previsioni del Codice civile: il giudice deve così verificare che l’interpretazione dell’ufficio non si discosti dai criteri generali. La conseguenza degli atti, pertanto, va verificata nel suo complesso e la tassazione applicata di conseguenza. Da qui la conferma dei provvedimenti.
Cassazione, sentenza 4407/2018