Residenza all’estero, Convenzione in campo se manca l’iscrizione all’Aire
Nonostante la Cassazione dia rilevanza alla mancata iscrizione nell’Anagrafe dei soggetti oltreconfine, il trattato contro le doppie imposizioni è invocabile per il prelievo solo nell’altro Stato
L’ordinanza 1355/2022 della Cassazione aggiunge un ulteriore tassello al filone giurisprudenziale che tende a riconoscere rilevanza all’elemento formale dell’iscrizione all’anagrafe anche quando il contribuente abbia trasferito la residenza in altro Paese legato all’Italia da Convenzione contro le doppie imposizioni.
In precedenza la Cassazione aveva già individuato la residenza fiscale in Italia del contribuente che pur trasferendosi in Paesi sottoscrittori di Convenzione quali Stati Uniti (Cassazione 1783/1999), Svizzera (677/2015), Romania (21970/2015) e Regno Unito (16634/2018) aveva omesso di cancellarsi all’anagrafe.
Nell’ordinanza in commento l’esistenza di una convenzione fra l’Italia e lo stato di emigrazione del contribuente (Brasile, nel caso di specie) non viene neppure citata. La Cassazione si limita a fare riferimento alla norma nazionale e a ribadire che l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente è un criterio formale alternativo a quelli, di fatto, del domicilio e della residenza e, pertanto, sufficiente a determinare la residenza fiscale in Italia a prescindere quindi dal fatto che il contribuente abbia documentato l’effettività del trasferimento all’estero.
Eppure, l’accordo pattizio, essendo norma speciale, deve necessariamente prevalere rispetto alla norma ordinaria sia in forza del principio lex specialis derogat generali, che dei richiami dello stesso legislatore nazionale in materia tributaria (articolo 113 della Costituzione; articolo 75 del Dpr 600/1973 e articolo 169 del Tuir).
Ora, in base alla norma pattizia - unica da tenere in considerazione in base al principio – l’applicazione della norma interna per la verifica della residenza fiscale rileva soltanto in via preliminare per accertare se ricorra una situazione di doppia residenza fiscale ossia se il contribuente sia considerato contemporaneamente residente in Italia, per la legge italiana, e residente nell’altro Stato per la legge di tale Stato.
Infatti, solo in questo caso entrano in gioco i metodi per risolvere il conflitto di residenza previsti dall’articolo 4 del modello Ocse (a cui le Convenzioni stipulate dall’Italia si ispirano) i quali stabiliscono la residenza effettiva del contribuente sulla base di una specifica tie break rule che prevede criteri successivi (in ordine di importanza: abitazione, centro degli interessi, soggiorno, cittadinanza) in cui nessuno spazio è lasciato all’elemento formale dell’iscrizione all’anagrafe, peraltro sconosciuto a gran parte degli altri Paesi.
Si pensi al contribuente straniero che trasferendo la residenza in Italia ometta di cancellarsi all’anagrafe al momento del rimpatrio, non conoscendo la rilevanza formale che tale elemento assume dal legislatore nazionale e che continuerebbe ad essere soggetto passivo per il fisco italiano.
Anche se il giudice può applicare, in base al principio «iura novit curia», la norma pattizia anche quando non richiamata dal difensore, è altrettanto vero che spetta al contribuente dimostrare di trovarsi nella condizione di essere residente in due Stati sulla base delle rispettive legislazioni, affinché il giudice possa applicare l’articolo 4 del Trattato. Forse la frequenza delle sentenze che ignorano le convenzioni contro le doppie imposizioni deriva proprio alla mancanza di questo passaggio della linea difensiva.
Sarebbe, pertanto opportuno che il difensore sottolinei, sin dalle prime fasi di contraddittorio l’esistenza della Convenzione contro le doppie imposizioni e la sua applicazione prioritaria in quanto norma speciale e inoltre fornisca:
• la dimostrazione che la Convenzione si applica in quanto il contribuente è fiscalmente residente anche nello Stato estero in base alla legislazione locale, per esempio, citando la normativa locale e allegando la dichiarazione dei redditi presentata all’estero con evidenza dell’eventuale tassazione operata in qualità di residente (alcuni Paesi operano una tassazione differenziata tra residenti e non);
• la dimostrazione della residenza estera in base alla tie break rule e quindi escludere l’applicazione del worldwide principle taxation in Italia.