Contabilità

Ricapitalizzazione delle Pmi con certificazione ex post

Il decreto Rilancio richiama il decreto 7 maggio 2019 che impone regole ben precise a partire dall’attestazione

di Stefano Mazzocchi

Il decreto Rilancio contiene anche una misura di sostegno determinante per le imprese nella fase 2. La norma (articolo 29 del testo entrato in Consiglio dei ministri) è divisa in tre parti:
nella prima, si dispone la concessione di un beneficio fiscale ai soggetti che effettuino entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale pari o superiore ad almeno 250.000 euro;
nel secondo troncone, si prevede la concessione di un ulteriore beneficio in rapporto alle perdite verificatesi nel bilancio 2020 rispetto all’aumento di capitale effettuato;
infine, si disciplina la possibilità di emissione da parte delle società di strumenti finanziari partecipativi che saranno sottoscritti tramite il “Fondo Patrimonio Pmi”.

I benefici fiscali
L’agevolazione è riservata alle società con ricavi consolidati 2019 tra 5 e 50 milioni di euro, che abbiano registrato un calo dei ricavi consolidati di oltre il 33% nel bimestre marzo-aprile. Il bonus è ricollegabile all’incremento del capitale (da eseguire entro il 31 dicembre 2020) e consiste per le persone fisiche in una detrazione pari al 20% del versato mentre, per i soggetti Ires, il beneficio si trasforma in deduzione per un ammontare sempre pari al 20% del nuovo equity .
Rispetto a questo benefit, il legislatore effettua un rinvio alle disposizioni di cui al decreto interministeriale 7 maggio 2019 del Mef, di concerto con il Mise, sulle start up e Pmi innovative. Tale rinvio prevede l’applicabilità delle disposizioni contenute nel decreto «in quanto compatibili» con l’impianto normativo del Dl Rilancio.
Bisogna allora capire quali disposizioni si applichino al beneficio ricollegabile all’aumento di capitale.

Il rinvio al Dm del 2019
Certamente sono applicabili al caso di specie le certificazioni che la società (nel Dl le società di capitali sono anche individuate come «Emittente/i») devono redigere a fronte dei conferimenti ottenuti dai soci: l’articolo 5 del Dm, infatti, dispone che la società rilasci ai soci “una certificazione” in cui si attesti il rispetto delle disposizioni contenute nel Dl Rilancio (e in particolare negli attuali commi 1 e 2 dell’articolo 29).

La peculiarità della certificazione è che tali affermazioni debbano essere verificate al momento della conclusione dell’iter di aumento di capitale che si dovrebbe concludere con l’integrale versamento del capitale sociale sottoscritto. Rispetto a quest’ultimo, una delle questioni più rilevanti che dovranno essere risolte in sede di conversione del decreto è l’individuazione esatta della nozione di investimento come nuovo equity. Infatti, per il Dm 7 maggio 2019, i sottoscrittori hanno diritto al beneficio fiscale della deduzione/detrazione, non solo per il capitale sociale versato ma anche per l’eventuale riserva sovrapprezzo accordata (articolo 3 del decreto). Classico è il caso in cui l’aumento del capitale sociale sia riservato a soggetti estranei alla compagine sociale dove tramite il versamento della riserva sovrapprezzo si equipara, in termini di valore aziendale, la posizione del nuovo investitore con i soci esistenti al momento della delibera.

Tornando alla certificazione, il Dl Rilancio prevede che i benefici (fra i quali quello legato appunto all’aumento di capitale) non possano complessivamente superare determinate soglie che variano a seconda del settore in cui l’impresa opera. Tuttavia l’affermazione non è molto chiara in quanto si fa riferimento al paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea sulle deroghe agli aiuti di Stato temporanei, ricollegabili al Covid 19.
In tale paragrafo, si stabilisce che l’impresa possa usufruire di aiuti come quelli previsti dal Dl Rilancio a condizione che non superino determinati importi (in linea generale, si prevede che non possano essere concessi aiuti per un valore superiore agli 800mila euro). Questa cifra/soglia deve essere determinata tenendo conto anche dei benefici usufruibili non solo dall’emittente ma tenendo conto anche delle ricadute sui soci. In questo caso, quindi, sarà la stessa impresa a dover richiedere ai propri soci un’attestazione in cui l’investitore dichiari l’ammontare del beneficio di cui ha usufruito sulla base della prima certificazione rilasciata dalla società stessa.

Riassumendo, quindi, al fine di usufruire di tutte le agevolazioni descritte finora sarà necessario che dapprima l’impresa rilasci il primo documento ai soggetti beneficiari; poi quest’ultimi dovranno a loro volta comunicare l’importo del beneficio di cui hanno effettivamente usufruito. Sarà, quindi, la società “Emittente” che dovrà ricalcolare - nelle soglie previste dal decreto Rilancio - i benefici, modificando eventualmente la propria agevolazione per non superare il tetto imposto. Infine, resta da chiarire se questo regime sia alternativo o complementare a quanto da un’altra norma (l’articolo 57 del testo entrato in Cdm) per i soggetti che apportano equity.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©